Ci sono i comunisti ed i fascisti, c’è l’ndrangheta e ci sono le infiltrazioni mafiose in Friuli- Venezia Giulia. C’è un omicidio, un avvocato caduto in disgrazia, un ispettore ed un'insegnante. C’è il difficile rapporto di uno dei protagonisti e del suo compagno con il loro essere gay. C’è soprattutto un finale che non ti aspetti.
È questo il giallo, ma forse il Noir, di Marco Barone, calabrese di nascita, ma bisiaco d’adozione. Barone non rinuncia anche nel suo libro al suo impegno politico. Dalle pagine traspare chiaramente la sua critica a quello che a suo avviso è il revisionismo storico che sta attraversando la regione e nemmeno ad un giudizio nettissimo e altamente negativo su D’Annunzio e sulla sua “impresa” fiumana.
C’è soprattutto l’ambientazione in una parte del Friuli - Venezia Giulia dimenticata nella narrazione letteraria: Monfalcone, Ronchi, Marina Julia e dintorni. Un territorio ricco, pieno di contraddizioni, spiegato anche tramite una serie di camei. Uno di questi narra di quella lapide dedicata a Guglielmo Oberdan, posta a Ronchi davanti alla casa in cui fu catturato dagli austriaci. Oggi è illeggibile, consumata dal tempo. Nessun “patriota” dei giorni nostri se ne accorge e nessuno si preoccupa di restaurarla.
C’è anche tanta Radio Capodistria nel libro di Marco Barone. I protagonisti del suo romanzo la ascoltano e si indignano quando sentono del tentativo di assegnare ad altri le frequenze che le consentono di venir sentita in Friuli- Venezia Giulia. Una bella risposta soprattutto per coloro che credono che i nostri programmi siano di scarso interesse.
Stefano Lusa