Organizzare, nell’anno dedicato a Dante, una serie d’iniziative per la difesa del dialetto triestino: è l’idea del Circolo della stampa di Trieste che, messe in conto le incertezze legate alla pandemia, ha deciso di avviare una campagna per difendere il vernacolo locale.
Il triestino è un dialetto molto utilizzato nel capoluogo giuliano, ma di cui si stanno perdendo termini ed espressioni storiche, e il Circolo della Stampa ha avviato quella che si può chiamare una campagna a difesa del dialetto triestino, lanciando anche un messaggio: il dialetto di Trieste non è affatto una lingua volgare o di utilizzo popolare, ma un idioma nobile e patrimonio della cultura della città.
“Il programma si chiama “Dante e compagnia cantante”, - spiega il giornalista e referente dell'iniziativa, Luciano Santin - in omaggio al settecentenario del sommo poeta. L’intento è quello di rivisitare e rivitalizzare il dialetto, e abbiamo orgamnizzato una serie d'iniziative, anche se bisognerà vedere cosa sarà permesso fare, con il Dipartimento di studi linguistici e culturali comparati dell’Università Ca' Foscari, la società di Minerva, il più antico ente culturale cittadino, l'Associazione Giuliani nel mondo, il circolo amici del dialetto triestino e altri. È un modo, oltre che di riportare alla luce il dialetto, con parole ormai smarrite, anche per ragionare sul passato di Trieste in proiezione futura, altrimenti sarebbe è solo nostalgia”.
“Sappiamo - continua - che finché Trieste fu un modesto borgo, vi allignava il “tergestino”, una lingua retoromanza, molto simile al friulano. Poi nel Settecento con il porto franco, inizia la storia della città e allora cambia tutto: cambiano le vocazioni economiche, la fisionomia urbanistica, architettonica, i costumi con le donne emancipate, perché gli uomini lavoravano fuori per mare, e cambia la lingua nel giro di pochi decenni, quindi in un tempo straordinariamente veloce per l'epoca, si afferma il veneziano, lingua franca del mare, un codice con cui ti facevi capire in tutto il Mediterraneo. Un veneziano più duro meno, meno cantilenante, arricchito di termini slavi, tedeschi, ma anche francesi, inglesi, greci e di altre lingue. Adesso se ne sono perduti molti ma una volta ne era letteralmente infarcito, e in qualche modo rispecchiava, e in parte rispecchia ancora, in maniera plastica, proprio la molteplicità etnica della città e fu il grande legante fra le decine di migliaia d’immigrati venuti a cercare fortuna a Trieste”.
“Per questo il Triestino non ha complessi come altre lingue nei confronti di altri codici. Gli istriani e i friulani hanno spesso temuto di attestare una condizione più bassa, rurale parlando in dialetto, a Trieste no: la lingua del contado era lo sloveno, e quindi le sedute del consiglio di amministrazione delle Generali, o del Lloyd austriaco di navigazione, erano in dialetto, Ettore Smiths parlava con Joyce in dialetto, e quindi c'è stata questa tranquilla, serena appartenenza linguistica, che ha generato tra l'altro una quantità incredibile di arte letteraria, soprattutto poetica, almeno cento autori pubblicati, naturalmente molta roba è poesia dialettale, e non poesia in dialetto, ma c'è anche moltissima roba buona e secondo studiosi come il Guagnini, professore emerito di letteratura italiana, che poi è il responsabile del progetto, ma anche Damiani, Grisancich, o Nacci, nessun altra città in Italia avuto una simile fioritura di poesia vernacola”
Su questo progetto s’innesta però la questione dei finanziamenti, che gli organizzatori ritengono non sempre equi o comunque comprensibili. “Diciamo così: - spiega Santin - recentemente ci è arrivata la notizia che la regione su progetto da noi presentato non intende sganciare nemmeno un euro: è legittimo, anche se forse discutibile, visto che per il friulano ci sono grossi stanziamenti. Staremo a vedere: c’è un fondo per i dialetti venetofoni assegnati a Udine, perché a Udine si parla una sorte di veneziano strano, a Sacile, a Pordenone, in Bisiaccheria, e mai pervenuti a Trieste. Parliamo di pochissime decine di migliaia di euro in complesso per tutti i progetti: vedremo se qualcosa potrà arrivare da quella parte.”
Alessandro Martegani