È diventato ormai un appuntamento classico a Trieste: ogni anno a inizio maggio la centralissima via Imbriani viene chiusa al traffico per qualche minuto per una breve commemorazione delle vittime del 5 maggio.
A pochi giorni dall’arrivo in città delle truppe jugoslave, il 5 maggio del 1945 una manifestazione spontanea attraverso il centro cittadino sventolando le bandiere italiane, alcuni ancora con lo stemma sabaudo, altri con un buco in mezzo. Dopo il rifiuto di disperdersi da parte i manifestanti, le forze jugoslave spararono sulla folla tra corso Italia e via Imbriani uccidendo comunque persone, Claudio Burla, Giovanna Drassich, Carlo Murra, Graziano Novelli, Mirano Sancin (ricordati con una targa collocata all’ingresso di via Imbriani) e ferendo altre dieci persone. Altri manifestanti rimasero feriti nel tentativo di mettersi in salvo.
Una giornata tragica, ma che influì sul futuro della città, inserita ormai stabilmente nel calendario delle commemorazioni a Trieste, come conferma Paolo Sardos Albertini, presidente della Lega Nazionale.
“È giusto che sia diventata una commemorazione importante – dice - ma lo era già all'epoca. Ricordiamo il contesto: siamo il 5 maggio ‘45, gli uomini di Tito controllano già da quattro giorni la città. Il 3 maggio, quindi due giorni prima, cento finanzieri di Campo Marzio sono stati incolonnati e portati tutti in foiba. L'OZNA sta già portando via le persone dalle loro case”.
“In questa situazione questi cittadini, senza nessuna organizzazione, scendono in piazza, in strada, partono dalle Rive e risalgono il corso. Non ci sono armi, ci sono solo un paio di bandiere tricolori e gli slogan, Italia e Libertà. Arrivano in via imbriani e trovano gli uomini con la Stella Rossa che li mitragliano. Ci sono stati questi caduti e decine di feriti, alcuni molto gravi. Fu un fatto eroico nella sua esecuzione perché proprio la testimonianza data da queste persone con il loro sangue, ha convinto gli alleati che Tito se ne doveva andare”.
“Tito lascia Trieste il 12 giugno – conclude - anche grazie al sacrificio di questi nostri fratelli, ed è giusto ricordarli, e ricordarli con molta gratitudine”.
Alessandro Martegani