“L’Italia tutta è per noi ancora zona rossa a differenza della Slovenia e specie dell’area dell’Istria slovena, dove i pratica non si registrano o ci sono pochissimi contagi” afferma Dino Kozlevac a capo dell’unità di crisi della Regione Istriana che ricorda come le uniche zone slovene interdette rimangono quelle della Dolejska o Bassa Carniola e della Nostranjska. ”Assieme ai colleghi della task force nazionale stiamo analizzando la situazione e valutando le possibilità per permettere di raggiungere quotidianamente il posto di lavoro anche per chi e’ impiegato in Italia” rileva ancora Kozlevac consapevole delle difficoltà in cui si trovano i numerosi istriani che si guadagnano da vivere oltre confine.
Uno di questi è Daniel Piuka, responsabile del settore ferroviario intermodale e container presso la “Samer Seaport& terminals” che opera nel Porto di Trieste. “In pratica io - come del resto tanti miei collegi- sono a casa dall’11 marzo scorso quando al rientro da Trieste mi sono stati imposti 15 giorni di isolamento” ci racconta Daniel e sottolinea “la nostra azienda, tempo due tre giorni per adeguarsi alla nuova situazione, si è subito organizzata offrendo vitto e alloggio ai dipendenti che volevano rimanere al lavoro, disponibilità accolta da 3 o 4 colleghi che non hanno vincoli famigliari mentre per tutti gli altri ha attivato il cosiddetto fondo di integrazione salariale per garantire gli stipendi anche se non si è effettivamente operativi”.
In queste settimane Piuca lavora da casa, opportunità che - per genere di lavoro- non tutti hanno fortuna di avere ed anche perciò un occhio di riguardo è sempre rivolto alla quindicina di colleghi del suo gruppo e alla quarantina in generale, che da casa attendono notizie. “Ci sono pure altre società portuali che danno lavoro a diverse persone del nostro territorio e che hanno adottato più o meno le stesse soluzioni” rileva Piuca aggiungendo “siamo in attesa- naturalmente con le adeguate misure di sicurezza- di ritornare ad essere operativi a tutti gli effetti perché non e’ piacevole rimanere con le mani in mano ma naturalmente siamo consapevoli che ci troviamo in mezzo a tre realtà: quella croata, slovena ed italiana che devono unificare gli accorgimenti di prevenzione e quant’ altro”. “Un invito alla pazienza” che è ripetuto pure dalle autorità istriane. “Sappiamo che sono numerose le famiglie, specie nel buiese, nell’umaghese che vivono grazie al lavoro in Italia; stiamo cercando di trovare le modalità giuste per acconsentire pure a loro lo stesso regime assicurato ai frontalieri che si fermano a Capodistria” dice Dino Kozlevac non mancando di ricordare che è con grande sacrificio che si è riusciti ad arginare il proliferare del virus in regione e che dunque bisogna andare cauti adottando le decisioni giuste al momento opportuno.
Lionella Pausin Acquavita