L’ufficializzazione della candidatura di Dalibor Paus è arrivata dalla presidenza DDI che presa visione delle decisioni delle filiali partitiche ha dato il via alla corsa elettorale. Il sindaco di Barbana e deputato al Sabor, dopo aver preso in mano nel settembre 2021 le redini della formazione delle tre caprette, non ha mai nascosto le sue ambizioni e il desiderio di governare la regione, opportunità che gli arriva ora anche perché nessun altro esponente papabile ha accettato un’eventuale candidatura. Tra questi circolavano i nomi dell’ex governatore ed ex eurodeputato, Valter Flego, dei sindaci di Parenzo e Cittanova, Loris Persurić e Anteo Milos, per farne soltanto alcuni. Prima della presidenza DDI, Dalibor Paus ha incassato con più o meno facilità il sostegno delle singole sezioni partitiche: quelle del polese, pinguentino, pisinese e rovignese. Non però quello del parentino e buiese, dove, si dice, sia forte l’attaccamento all’attuale governatore Boris Miletić, dimessosi dalla DDI proprio su iniziativa di Paus e dove è forte pure l’influenza di Ivan Nino Jakovčić, uno dei padri del regionalismo istriano. Aree in cui, seppur non nuova, è ritornata d’attualità l’idea di calamitare personalità che hanno fatto la storia del partito e fuoriuscite per motivi e questioni diverse quali Dino Debeljuh, Damir Kajin e altri ancora. Sia come sia, dinanzi a Paus ci sono grandi incognite e grandi responsabilità. Oltre che alla sua vittoria e alla riconferma della grande maggioranza dell’Assemblea regionale ci si attende la riconquista di almeno alcune delle municipalità perse quattro anni fa come Pola, Pisino, Pinguente e Dignano. Se non ce la facesse, potrebbe essere il principio della fine per la formazione che guida l’Istria da più di trent’anni e che sicuramente è sinonimo di regionalismo pure a livello nazionale.