È una critica spietata quella che l’artista fa della politica slovena. Nel suo racconto c’è tutta la precisione, la raffinatezza stilistica e l’intelligenza che contraddistingue uno dei migliori fotografi presenti sulla scena nazionale. Un fotoreporter geniale, un artista dell’immagine eccelso, che sa spaziare dai reportage di guerra ai ritratti, con una pazienza e uno stile unico.
Da una parte le foto di Borut Pahor, durante la campagna elettorale del 2012, quando si era agghindato da macellaio, gommista, stradino ed altro ancora, dall’altra i tweet recenti di Janez Janša. Nel mezzo l'immagine del presidente della repubblica a pelle di leone immerso nel materasso di un parco giochi che aveva appena inaugurato.
La perfezione estetica ed il vuoto delle immagini del presidente contrapposte a quella del vuoto dei tweet rabbiosi del capo del governo, come se l'uno non fosse altro che il prodotto dell'altro. Un modo per conquistare voti, dove l’autorità morale e il prestigio che contraddistingueva la classe politica slovena della prima repubblica sembra oramai solo uno sbiadito ricordo.
Pahor e Janša, quindi come due facce della stessa medaglia. Per Petja Grafenauer, che regala alla mostra un brillante testo esplicativo. La correlazione tra i due è evidente, ma se il vuoto populismo del primo faceva al massimo sorridere, quello del secondo viene definito persino pericoloso.
Stefano Lusa