Il 18 agosto del 1946 a Pola sulla spiaggia di Vergarolla scoppiò un deposito di mine. Nella strage morirono 65 persone, cinque furono i dispersi e innumerevoli i feriti. Fu un avvenimento che ancor oggi è avvolto nel mistero, come lo restano autori e mandanti di quella strage. Sta di fatto che quell’esplosione chiuse il capitolo della presenza maggioritaria italiana a Pola e fu il preludio dell’esodo che si sarebbe consumato nei mesi successivi.
Oggi la comunità italiana ricorda quella tragedia e lo fa proprio a Pola, dove anni fa venne eretto un cippo per commemorare la strage. Fu quello il risultato di un testardo lavoro fatto dal Circolo “Istria”, che da anni opera per favorire il dialogo. Per il suo presidente Livio Dorigo “la strage di Vergarolla rappresenta un ricordo atroce e tremendo per chi ha vissuto quel periodo. Attraverso quella vicenda si rivede tutta la storia drammatica della citta di Pola, dal 1941 e forse anche da prima sino al 1947. Il periodo tremendo però fu quello che andò dal 1943 al 1947. Vergarolla racconta l’annullamento di ogni volontà dei cittadini ed ha determinato l’esodo che poi si consumò praticamente nel giro di pochi giorni, con la città che si svuotò. Quella strage è stata e continua ad essere un dramma che tormenta i sopravvissuti".
Su Vergarolla si scontrano storie e memorie.
“La storia e la memorialistica sono cose diverse. La memorialistica è una semplificazione della storia e non sempre rispecchia la verità, ma riflette comunque il dramma di qualcuno ma non necessariamente la realtà. La storia invece ha bisogno di una indagine seria, scientifica ed è priva di emozioni. La città in quel momento era avvolta in una situazione politica tale che ancor oggi gli storici non riescono a dipanare quegli avvenimenti. Mancavano i cinesi ed i loro servizi a girare per città, perché gli altri c’erano tutti e tutti facevano il proprio gioco. La povera gente a momenti sentiva la speranza e a momenti la disillusione, a momenti anche il tradimento della Madre Patria. Era una situazione tremenda e Vergarolla era stata l’acme della disperazione”.
Qual è il senso di commemorare a Pola questa strage? Voi del Circolo lo avete fortemente voluto già tanti anni fa.
“Il Circolo “Istria” si è impegnato moltissimo, ma da solo non avrebbe potuto arrivare alla posa di quel cippo in città, ci hanno aiutato tanto la municipalità e la Comunità degli Italiani di Pola. Ricordo l’amico Mario Quaranta, allora ai vertici della Comunità, ma anche il sindaco dell’epoca Luciano Delbianco, che hanno lavorato intensamente e con difficoltà che venivano poste dall’una e dall’altra parte del confine. Oggi dobbiamo ricordare i morti di quella tragedia, ma quella vicenda ci impone di sublimare quello che è successo in sentimenti di pace. Abbiamo troppo sofferto per non invocare in ogni nostra azione la pace e la concordia. Dobbiamo lavorare intensamente soprattutto in un momento in cui potremmo vivere in una federazione europea al di sopra dei confini. Vergarolla è uno stimolo per cercare e rincorrere la pace”.
Le cerimonie oggi rispecchiano lo spirito di quella prima volta?
“Sinceramente e senza voler criticare nessuno debbo dire che non corrispondono all’obiettivo che ci eravamo posti sia noi sia la Comunità degli italiani di Pola di allora. Oggi non viene più riproposto lo spirito che c‘era quando noi abbiamo collocato quel cippo. Molte volte, come Circolo “Istria”, io avrei preferito di ricordare quello che è successo da solo, senza strumentalizzazioni politiche e senza protagonismi, perché oggigiorno il protagonismo è qualcosa che ammanta ogni azione che viene fatta”.
Stefano Lusa