Non solo gruppi di estrema destra, centri sociali o ultras, ma anche la criminalità organizzata sta sfruttando il disagio sociale provocato dalla pandemia in Italia per ottenere maggior controllo sul territorio.
Questo rischio emerge dalla relazione semestrale della Direzione Investigativa Antimafia, che ha dedicato una sezione speciale al rapporto fra la pandemia e la criminalità organizzata.
La DIA mette in guardia contro il tentativo delle organizzazioni criminali radicate sul territorio, in particolare nel sud del paese, di utilizzare il disagio per accrescere il proprio consenso: “Si tratta – si legge nel rapporto - di un vero e proprio investimento sul consenso sociale”.
Il tema è stato portato in primo piano dalle proteste di piazza violente che si sono verificate in alcune città, in cui era stata ipotizzata la regia occulta della criminalità organizzata. “È evidente – scrive la DIA - che le organizzazioni criminali hanno tutto l’interesse a fomentare episodi di intolleranza urbana, strumentalizzando la situazione di disagio economico per trasformarla in protesta sociale, specie al Sud. Parallelamente, - aggiunge - le organizzazioni si stanno proponendo come welfare alternativo” a quello dello Stato.
La pandemia viene dunque utilizzata da una parte per metter in cascina voti e consenso da utilizzare alle prossime elezioni, dall’altra per legare ancor di più il tessuto economico alle organizzazioni sul territorio.
Il Covid rappresenta un affare immediato, con tentativi accertati nel paese d’inserirsi nel commercio di mascherine e materiale sanitario, ma anche sul medio periodo, trasformando le cosche in finanziatori per imprese messe in difficoltà dal lockdown e dalla successiva crisi economica.
Mafia, Camorra, ‘ndrangheta e Sacra Corona Unita hanno la capacità di fornire credito quasi illimitato: soldi che arrivano senza formalità o garanzie, ma che fanno entrare piccole e medie imprese nella galassia criminale.
Fra i settori più a rischio ci sono “turismo, ristorazione e servizi connessi alla persona”, attività con costi fissi che debbono comunque essere sostenuti, anche in caso di chiusura, e che espongono molti commercianti all’usura, con un “rischio di impossessamento delle attività economiche con finalità di riciclaggio e di reimpiego dei capitali illeciti”. Anche gli impianti sportivi e le palestre hanno subìto, negli ultimi anni, diverse attenzioni da parte dei clan, così come il settore dell’abbigliamento e della vendita e noleggio di autoveicoli.
Un ultimo allarme riguarda poi l’immigrazione clandestina: la DIA sottolinea il rischio che la pandemia possa indurre “le organizzazioni criminali di matrice straniera a sfruttare lo stato di emergenza internazionale, spingendo persone che vivono già gravi situazioni di disagio nei paesi di origine, verso le coste nazionali ed europee, estorcendo loro denaro o facendogli contrarre debiti onerosi”, e che “potranno essere ripagati con l’avvio in attività criminali, come la prostituzione o il traffico e lo spaccio di stupefacenti”.
Alessandro Martegani
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