Da emergenza nazionale a fenomeno da gestire senza panico e con tranquillità. Nel giro di pochi giorni la percezione dell’epidemia che ha provocato il blocco di tutte le attività culturali, sportive e d’intrattenimento nel nord Italia e l’isolamento di 11 paesi, sembra essere mutata radicalmente.
Dopo giorni di titoli gridati sui rischi del virus e sulla necessità di reagire rapidamente e con decisione al pericolo di diffusione della malattia, in 24 ore, molti quotidiani e programmi d’informazione in Italia sembrano aver cambiato decisamente rotta, ridimensionando sia la portata del fenomeno, sia il giudizio sulle misure per prevenire la diffusione, spesso ora valutate come eccessive o addirittura dannose per l’economia generale del paese.
C’è chi ha scelto da subito una linea in controtendenza, come i giornali tradizionalmente critici verso il governo che richiamano da giorni esplicitamente la necessità di riprendere la vita di tutti i giorni e non di non drammatizzare, mentre altre testate sono passate dall’allarme per l’emergenza epidemia, a commenti di editorialisti ed esperti che ricordano i bassi tassi di mortalità, la scarsa pericolosità del virus, e invitano a non diffondere un panico ingiustificato, mettendo in guardia dalle informazioni riportate dai social media.
Su questa posizione sembrano aver avuto un ruolo determinate le prime stime sull’impatto economico delle misure e delle notizie che giungono dal nord Italia: le cancellazioni per turismo e viaggi di lavoro nelle aree colpite si moltiplicano, a Milano è stato addirittura spostato di due mesi il Salone del mobile, uno degli eventi principali in città, e le attività legate al turismo rischiano di collassare.
Una linea in parte condivisa dal governo italiano, che giorni fa ha fatto scattare nel giro di poche ore il blocco delle attività nei territori dei focolai della malattia, ma ha anche innescato un braccio di ferro con alcuni governatori, e invita più o meno apertamente i mezzi di comuncazione a evitare allarmismi.
Lo stesso Giuseppe Conte si è scontrato con il presidente della Lombardia, Attilio Fontana, accusato di non agire in coordinamento con le direttive nazionali, ma anche con quello delle Marche, Luca Ceriscioli, che aveva deciso di chiudere le scuole fino al 4 marzo, nonostante non ci fossero casi di coronavirus sul territorio della regione. Una situazione su cui il governo ha annunciato l’impugnazione, ma del tutto simile a quella del Friuli Venezia Giulia, che ha applicato le misure di massima prevenzione, attività bloccate, scuole chiuse, perfino tendopoli predisposte di fianco agli ospedali, ma su cui il governo non ha avuto invece nulla da obiettare, così come c’è stata una reazione della sola Lombardia dalla decisione del governatore della Basilicata, Vito Bardi, di disporre la quarantena per chi arriva da Lombardia, Veneto, Piemonte, Emilia Romagna e Liguria.

Alessandro Martegani


Foto: MMC RTV SLO/Martegani
Foto: MMC RTV SLO/Martegani