Un ghiacciaio in coma irreversibile: è la definizione che il bollettino della “Carovana dei ghiacciai 2024” (la campagna nazionale di Legambiente in collaborazione con Cipra Italia e con la partnership scientifica del Comitato glaciologico italiano”) fornisce dello stato di salute dei ghiacciai italiani.
Secondo lo studio, il ghiacciaio della Marmolada, il più grande delle Dolomiti, dal 1888 è arretrato di 1.200 metri e solo negli ultimi cinque anni ha perso 70 ettari di superficie, pari a 98 campi da calcio, passando da circa 170 ettari del 2019 ai 98 nel 2023.
“A questo ritmo – ha detto Legambiente - entro il 2040 il ghiacciaio della Marmolada non esisterà più”, e la stessa sorte toccherà agli altri due ghiacciai più grandi delle Alpi, quello dell’Adamello, e quello dei Forni”.
La distesa di ghiaccio e neve della Marmolada è quella con i problemi più evidenti: avrebbe subito una perdita volumetrica superiore al 94 per cento da quando sono iniziate le osservazioni e quest’anno lo spessore massimo è di 34 metri.
La fusione del ghiaccio sta accelerando anche ad alta quota, e la neve sta lasciando il posto alla roccia: spuntano anche rifiuti, aprendo un problema d’inquinamento da microplastiche e rifiuti in quota, e addirittura, liberati dallo scioglimento del permafrost, i corpi di soldati della grande guerra.
Non si tratta solo di un problema di paesaggio, perché la scomparsa dei ghiacci ha un impatto sull’ecosistema anche a valle (visto che torrenti e fiumi sono alimentati proprio da ghiacciai) e sull’economia dell’area.
I dati glaciologici sulla Marmolada, presentati in conferenza stampa a Padova, dicono che si tratta di un ghiacciaio “emblematico per la sofferenza di tutti i ghiacciai alpini”. Per Valter Maggi e Marco Giardino, rispettivamente presidente e vicepresidente del Comitato Glaciologico Italiano “si tratta di un corpo glaciale scarsamente alimentato che soffre, e le trasformazioni ambientali si stanno ripercuotendo su questo ambiente glaciale e sulle le aree circostanti”.
Alessandro Martegani