Si tratta di un sentenza in parte inattesa e che segna una svolta nella storia delle lotta alla Mafia dei rapporti fra Cosa nostra ed esponenti delle istituzioni. La Corte di Assise di Palermo ha condannato a pene comprese tra 8 e 28 anni gli ex vertici dei reparti operativi speciali dei Carabinieri Mario Mori e Antonio Subranni e Giuseppe De Donno, l'ex senatore e co fondatore di Forza Italia Francesco Dell'Utri, l'imprenditore e teste in vari processi di mafia Massimo Ciancimino e i boss Leoluca Bagarella e Antonino Cinà.
Tutto erano accusati di aver partecipato alla cosiddetta "trattativa Stato-Mafia" una serie di rapporti tra funzionari dello Stato ed esponenti di Cosa nostra partita dopo stragi del '92 e '93, proseguita dopo altre azioni come l'assassinio dei giudici Falcone e Borsellino, con l'intento di stringere un accordo con la Mafia per far cessare stragi in cambio di un'attenuazione delle misure detentive previste dall'articolo 41 bis, il cosiddetto carcere duro, imposto ai mafiosi.
Si tratta di un tema che aveva diviso forze politiche e le istituzioni, e che ha messo in luce rapporti fra esponenti dello stato, criminalità organizzata e forze politiche, in una rete che ora in parte è stata chiarita, gettando fra l'altro una nuova luce su una serie di norme che nell'arco di tre legislature erano intervenute in materia di lotta alla Mafia e carcere duro.
Si tratta di una vittoria soprattutto per la procura di Palermo, a cui nessuno sembrava credere all'avvio del processo: "Questo processo e questa sentenza sono dedicati a Paolo Borsellino, a Giovanni Falcone e a tutte le vittime innocenti della mafia", ha detto Vittorio Teresi il Pm del pool che ha istruito il processo. "È stata confermata - ha aggiunto - la tesi principale che riguardava l'ignobile ricatto fatto dalla Mafia allo Stato a cui si sono piegati pezzi delle istituzioni".
La difesa però ha manifestato la volontà di fare appello: "Aspettiamo di leggere le motivazioni - ha detto l'avvocato Basilio Miliperò, che difende i vertici dei los -, ma possiamo sperare che in appello ci sarà un giudizio, perché questo è stato un pregiudizio".
"La giornata di oggi - ha dichiarato invece presidente della Camera Roberto Fico - ha un valore civile e morale straordinario, perché quando lo Stato riapre le proprie ferite per provare a stabilire la verità, quando giunge a condannare sé stesso, allora riacquista la forza, la dignità e la fiducia dei cittadini".