Le nuove sanzioni americane imposte all'Iran colpiranno solo in parte le esportazioni petrolifere iraniane. Pensate dall'amministrazione Trump per mettere in ginocchio la Repubblica Islamica, e costringerla a negoziare un nuovo patto sul nucleare e contenerne il militarismo e l'espansionismo in Medio Oriente, le nuove sanzioni non riusciranno ad azzerare le esportazioni petrolifere del Paese degli Ayatollah. I Paesi che dipendono dall'export energetico iraniano, infatti, si sono mossi per tempo sullo scacchiere internazionale per limitare i danni.
Dal 2016, anno in cui l'Iran ha firmato l'accordo sul nucleare con gli Usa e altre cinque potenze mondiali (Russia, Cina, Regno Unito, Francia e Germania) che è stato recentemente ripudiato da Washington, l'Iran ha aumentato non poco i suoi volumi di export petrolifero, assecondando la crescente domanda di Paesi asiatici come India, Cina, Giappone e Corea del Sud. Questi Paesi, ora, devono fare i conti con le nuove sanzioni Usa. Washington ha fatto delle concessioni a patto che si impegnino a ridurre le quote di petrolio importato da Teheran.
La Cina per non complicare la guerra commerciale in corso con gli Usa e in vista del G-20 in Argentina del prossimo 29 novembre ha assecondato i disegni di Washington riducendo l'import a 360 mila barili al giorno. Le raffinerie cinesi però sono configurate per trattare il petrolio iraniano, che non può essere facilmente ed economicamente rimpiazzato dai rifornimenti di altri produttori, e così prima delle nuove sanzioni ha aperto i porti alle petroliere iraniane e ad ottobre autorizzato la Società nazionale iraniana a scaricare 20 milioni di barili a Dailan (sede della più grande raffineria del Dragone) nel nord-est della Cina, senza specificare il destinatario. Già durante l'embargo in Cina arrivavano mensilmente da uno a tre milioni di barili di petrolio che poi veniva rivenduto a India e Corea del sud. Inoltre, la Banca cinese Kunlun, che si occupa delle transazioni con l'Iran, prima dell'imposizione delle nuove sanzioni ha annunciato di aver sospeso le operazioni con l'Iran, al tempo stesso Pechino ha dichiarato la disponibilità a unirsi allo Special Purpose Vehicle europea o Spv, unità legale, istituita per facilitare transazioni finanziarie legittime con l'Iran.