Questa notte l'Iran ha lanciato l'operazione "Soleimani Martire" sferrando un attacco missilistico in Iraq contro due basi che ospitano le truppe americane e quelle della coalizione, tra cui militari italiani e slovene.
"Ieri a Teheran si è tenuto un consiglio supremo di sicurezza nel quale sono state annunciate tredici azioni militari che l’Iran potrebbe compiere per vendicare Soleimani", ci racconta la giornalista ed antropologa Tiziana Ciavardini, profonda conoscitrice del paese, "e come ha detto il capo del consiglio Shamkhani anche la più debole di queste azioni potrebbe essere un incubo per gli americani".
D'altronde ricorda la Ciavardini con l'uccisione di questa importante figura, il paese islamico dove era in corso ormai da mesi uno scontro molto duro tra conservatori e moderati, ha ritrovato in queste ore una certa compattezza, soprattutto dopo le dichiarazioni di Trump che via twitter aveva annunciato che gli USA in caso di necessità avevano tra i target possibili anche siti archeologici e culturali del paese.
Secondo l’analista ed esperto di Medioriente Matteo Bressan, l’uccisione del generale Soleimani , capo delle Quds Force iraniane ha ristabilito tre linee rosse della deterrenza Usa in Medio Oriente: "Con l’uccisione di un capo di un elite militare come Soleimani gli Stati Uniti hanno dimostrato che possono colpire chiunque. Questa azione, nonostante le dichiarazioni spesso contraddittorie di Trump, ha inoltre posto un’asticella molto alta sulla non negoziabilità dell’Iraq, dove poco tempo fa il parlamento aveva votato a favore del ritiro degli americani dal paese. Colpendo il capo delle forze speciali iraniane che era anche il coordinatore delle milizie operative nell’area che facevano riferimento a Teheran, come Hezbollah libanesi o milizie sciite in Iraq e in Siria si è infine dato un messaggio molto preciso alla loro attività nell'area".
Bressan ritiene che bisogna, però, essere ancora molto cauti a fornire interpretazioni ed attendere l’evoluzione della situazione, anche se non esclude che l’uccisione di Soleimani possa anche essere un metodo non tradizionale per portare l’Iran nuovamente al tavolo del negoziato.
Per ora, però, chi sembra avvantaggiarsi maggiormente della situazione?
"In Iran", ci spiega un altro conoscitore dell'area Giuseppe Acconcia, "per il momento ci si trova in un contesto di ritrovata unità nazionale, nella quale tutti i ranghi della repubblica islamica si sono compattati per sostenere il paese contro un nemico storico, gli Stati Uniti. Sul lungo però della scomparsa di un falco conservatore come Soleimani (che è stato però subito rimpiazzato da un altro esponente della stessa area politica) potrebbero avvantaggiarsene i moderati del paese, che sarà chiamato al voto nel 2021, mettendo in moto un processo irreversibile che potrebbe portare alla scomparsa del regime degli ayatollah. Nello scacchiere mediorientale invece, il fatto di aver ucciso un personaggio così importante per la lotta contro l’Isis, potrebbe rinforzare nuovamente i gruppi jihadisti di Siria e Iraq, favorendo nuovamente una certa instabilità nella regione. Infine un altro attore che è stato molto favorito da questo attacco è sicuramente Israele, che ha sempre criticato la presenza iraniana nell'area; tenendo conto però che Israele potrebbe essere anche uno dei primi obiettivi in caso di escalation dello scontro".
Per tutti non resta che attendere la prossima mossa di Trump, che dovrebbe parlare a breve, chiarendo se i venti di guerra soffieranno più forte o se si è trattato solo di una bufera passeggera.
Barbara Costamagna