Nato il 2 marzo 1931 da una famiglia di agricoltori nella regione meridionale di Stavropol, Mikhail Gorbachev guidò l'Unione Sovietica fino al suo crollo. Rassegnò le dimissioni il 25 dicembre del 1991, cedendo il potere al suo rivale, Boris Yeltsin. Sebbene fosse un forte sostenitore dello Stato Sovietico e degli ideali socialisti, nel 1986 iniziò invano ad attuare riforme con le parole d'ordine "Glasnost" - trasparenza e "Perestrojka" - ristrutturazione, necessarie, a suo avviso, per salvare il Paese, per portare un'inedita ventata di libertà nei media e nell'opinione pubblica e per riformare un sistema economico sempre più stagnante.
Nonostante nella sua biografia restino alcune ombre, come l'invio dei carri armati in Lituania contro le prime aspirazioni indipendentiste o la catastrofe nucleare di Cernobyl, passata sotto silenzio per diversi giorni, Gorbachev segnò un'epoca di cambiamenti. Viene ricordato come l'uomo che ha influito in modo importante alla fine della Guerra fredda con l'Occidente, che ha permesso il crollo pacifico della Cortina di ferro e del Comunismo nel Blocco orientale nonché l'indipendenza delle nazioni sottomesse nell'Unione Sovietica; proprio per questo motivo in Russia ha avuto una cattiva reputazione. Gorbachev ha inoltre influito sul disarmo nucleare e sul ritiro delle truppe dall'Afghanistan.
Il suo impegno per la pace, la democrazia e l'ambiente è continuato fino a poco tempo fa, nonostante le critiche aperte del presidente russo, Vladimir Putin. Fino alla fine dei suoi giorni, Gorbachev ha continuato a chiedere di evitare il rischio di uno scontro nucleare.
Secondo quanto riporta l'agenzia di stampa russa, Tass, l'ultimo presidente dell'Unione Sovietica sarà sepolto al cimitero Novo-Devičje di Mosca, accanto alla moglie Raissa.
E. P.