È rientrata prima di deflagrare l'ennesima crisi tra il presidente turco Recep Tayyip Erdogan e numerosi paesi occidentali, compresi Stati Uniti, Francia e Germania. Dopo aver minacciato l'espulsione di dieci ambasciatori, Erdogan ha fatto un passo indietro, dopo che gli stessi diplomatici hanno dichiarato pubblicamente di non voler interferire con gli affari interni turchi.
La crisi era scoppiata nelle scorse settimane intorno al caso giudiziario di Osman Kavala, uomo d'affari e filantropo in prigione dal 2017 senza alcuna condanna definitiva, e accusato dall'establishment turco di aver sostenuto e finanziato le proteste antigovernative di Gezi Park, nel 2013, e di essere coinvolto nel fallito golpe anti-Erdoğan del luglio 2016.
Lo scorso 18 ottobre gli ambasciatori di dieci paesi occidentali hanno firmato una dichiarazione in cui chiedevano una rapida soluzione al caso Kavala ed una sua liberazione immediata. La presa di posizione era stata però definita “insolente” da parte di Erdogan, che sabato scorso aveva annunciato di aver dato disposizione affinché i diplomatici firmatari fossero definiti “persona non grata” in Turchia.
Dopo le precisazioni arrivate dagli ambasciatori coinvolti, Erdogan ha però deciso di contenere il tono dello scontro, rinunciando a procedere all'espulsione degli ambasciatori, e dicendosi sicuro che questi “saranno più prudenti in futuro quando si parla della sovranità della Turchia”.
Con la stretta autoritaria imposta al paese da Erdogan negli ultimi anni, le relazioni tra Ankara e molti stati occidentali si è fatta sempre più complicata, nonostante la Turchia continui a giocare un ruolo centrale all'interno dell'Alleanza atlantica.
Francesco Martino