Alla fine ad Atene è andata secondo le previsioni della vigilia: con una maggioranza risicata di 151 voti a favore e 148 contro, il governo di sinistra radicale di Alexis Tsipras ha ricevuto la fiducia parlamentare, chiesta proprio dal presidente del consiglio dopo le dimissioni del ministro della Difesa Panos Kammenos. Kammenos aveva sbattuto la porta contro la ratifica degli accordi di Prespa che dovrebero mettere fine alla decennale disputa sul nome con la vicina Macedonia. Il voto di ieri pone quindi le basi perché l'intesa venga sottoscritta anche dalla Grecia, dopo il via libero definitivo arrivato da Skopje la scorsa settimana.
Nuove sorprese non possono però essere escluse, visti i numeri risicati di cui Tsipras dispone in parlamento, e la forte tensione che la questione "Macedonia" risveglia nella politica e nella società greche, tanto che nuove proteste di piazza contro l'accordo sono previste ad Atene il prossimo fine settimana.
Per decenni la Grecia ha boicottato il percorso di integrazione euro-atlantica di Skopje, sostenendo che il nome Macedonia rappresenta un'elemento portante dell'eredità storica ellenica, e accusando il vicino settentrionale di mire irredentiste. Gli accordi di Prespa, sottoscritti nel giugno scorso da Tsipras e dal premier macedone Zoran Zaev, rappresentano un compromesso difficile per entrambe le parti: la Macedonia ha accettato di modificare il proprio nome costituzionale, e in caso di ratifica definitiva, si chiamerà Macedonia del Nord. In cambio, Atene si impegna a sostenere l'ingresso di Skopje nell'Unione europea e nella NATO.
Francesco Martino
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