Al centro, con il microfono, il direttore del museo Simon Malmenvall, durante il suo discorso. Foto: Valerio Fabbri/Radio Capodistria
Al centro, con il microfono, il direttore del museo Simon Malmenvall, durante il suo discorso. Foto: Valerio Fabbri/Radio Capodistria

Correva l'anno 1774 quando Maria Teresa d'Austria rivoluzionò il sistema educativo dell'impero, rendendolo innanzitutto accessibile a tutti. Il concetto di fondo era molto semplice, e lo ha illustrato con sapienza il direttore del Museo scolastico sloveno, Simon Malmenvall, che nel suo discorso d'apertura in occasione del 250imo anniversario della pubblicazione del Regolamento scolastico generale ha tratteggiato con sapienza il contesto dell'epoca e la valenza di quella decisione, i cui frutti si vedono ancora oggi. Dopo i saluti del direttore dell'istituzione museale, Stane Okoliš, Malmenvall ha spiegato che la riforma scolastica era in realtà l'inizio dichiarato di una nuova era, piuttosto che un sistema come lo intendiamo adesso. La forza dirompente del regolamento teresiano, tradotto in sloveno 3 anni dopo e oggi presentato in una nuova versione in sloveno moderno, è tutta nella capacità di aprire la strada verso un'ampia alfabetizzazione, che contribuì all'uso dello sloveno, insieme al tedesco obbligatorio, e all'emancipazione della popolazione. Esso rese obbligatoria la frequenza scolastica dei figli, maschi e femmine, dai sei ai dodici anni delle classi popolari, nel rispetto delle necessità contingenti. Inizialmente, infatti, le lezioni si tenevano dal primo dicembre al 31 marzo, per fare in modo che nella bella stagione i bambini potessero dare una mano nel lavoro agricolo. Grazie alla nuova didattica la scuola contribuì a sviluppare una "civiltà delle buone maniere" fondata su autodisciplina e coscienza sociale del cittadino, raggiunte appieno un secolo dopo. Il Regolamento, inoltre, permise allo sloveno di entrare, per la prima volta, nel campo dell'uso pubblico al di fuori del focolare domestico o dei testi religiosi, e questo contribuì al suo sviluppo terminologico, ma anche a una maggiore consapevolezza che favorì il graduale risveglio della coscienza nazionale.

Valerio Fabbri

Foto: Valerio Fabbri/Radio Capodistria
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