Secondo Fajon l’edizione di quest'anno del Forum di Bled ha superato le aspettative, non solo in termini di numeri, con oltre 2200 partecipanti da 95 paesi e più di 180 relatori da 48 paesi. Ma anche per quanto riguarda il contenuto dei dibattiti, che hanno toccato tutte le sfide principali della comunità internazionale.
Forse anche troppi i temi affrontati, per un piatto ricco che è stato dominato da un dibattito civile e pacifico, ma comunque polarizzante come la Palestina, tema che ha calamitato l’attenzione della prima giornata, anche per le proteste prima dell’inizio, condizionato anche una parte della seconda, e aperto una frattura fra governo e presidente della Repubblica sulla presenza dell’ex ministra israeliana Livni, che si va ad aggiungere alle altre difficoltà. Ma non solo di Medio oriente si è parlato. Russia e Unione europea gli altri due cardini del Forum, declinati in tutte le sfaccettature, dalla sicurezza all’allargamento, dalle sfide sulla transizione energetica alle prospettive del futuro europeo per i paesi dei Balcani occidentali, per i quali l’attenzione è stata massima anche per il possibile ingresso nella Nato.
Questi tre grandi temi hanno però finito per far slittare in secondo piano altri panel di spessore su tematiche come le dinamiche negli Stati Uniti o nell’Indo-pacifico, ma anche questioni più concrete come il futuro del turismo, la sicurezza energetica e la transizione verde, oltre ai numerosi bilaterali che Fajon ha avuto con i colleghi della regione: uno su tutti quello con il ministro ungherese, Peter Szijjarto, dove si è parlato della crescita dell’interscambio, grazie alla banca ungherese OTP e alla compagnia energetica MOL che sono diventati nei rispettivi ambiti i secondi attori del mercato sloveno. Fajon ha dato appuntamento per l’1 e il 2 settembre del prossimo anno, con l’intenzione di lavorare sempre nella direzione del dialogo per ascoltare opinioni e punti di vista diversi.
Valerio Fabbri