Alla fine, quindi, il Desus è andato dove ha voluto il suo presidente Karl Erjavec, che non ha risparmiato strali nei confronti del premier Janez Janša. “Non ce ne andiamo a causa dell'epidemia o per quanto fatto dai ministri, ma per colpa della politica del premier”, ha detto Erjavec. Come hanno precisato in questi giorni dal partito non ci sono appunti sostanziali su come stava procedendo la realizzazione dell'accordo di coalizione, ma insofferenza per le derive ideologiche del premier, per le pressioni sui media e su una serie di organismi. In sintesi, il Desus non vuole essere responsabile per la situazione nel paese in materia di standard democratici.
“Non vogliamo l’orbanizzazione della Slovenia e un sistema autocratico. Non volgiamo che le persone abbiano paura e che debbano pagare multe salate perché mangiano un panino. In politica estera vogliamo che la Slovenia torni sul treno franco-tedesco e in quel gruppo di paesi fondanti dell’Unione Europea”, ha detto Erjavec. Per realizzare tutto questo, Karl Erjavec è convinto che serve un altro governo di cui lui dovrebbe essere il presidente.
Ora però ha bisogno di 46 voti che al momento non ha. Per raccimolarli guarda al Partito del Centro moderno; che a suo dire, ad eccezione del suo presidente, Zdravko Počivalšek, non si sente a suo agio in questa maggioranza.
Počivalšek, però, ribatte a stretto giro che il suo partito è entrato a far parte della coalizione per realizzare il suo programma e che nonostante l’irritazione per alcune mosse dei democratici, in un periodo di crisi sanitaria ed economica, che sta sfociando anche in crisi psicologica è il momento di collaborare e non di far cadere il governo
Stefano Lusa