"Non si può definire semplicisticamente Gabriele d'Annunzio un fascista": anche lo scrittore triestino Claudio Magris, ospite a Lubiana della casa editrice Slovenska matica, in occasione dei suoi 80 anni e dell'uscita dell'edizione slovena del suo romanzo, interviene nel confronto sulla posa della statua di D'Annunzio a Trieste.
Magris invita a considerare tutta la storia di vita del poeta, senza costringere la sua figura in definizioni o strumentalizzazioni politiche: "A me non interessa niente dei monumenti, - dice - e l'ho anche scritto, a meno che non li faccia un grandissimo scultore".
"D' Annunzio però e' una personalità molto contraddittoria, - spiega Magris - bisogna stare attenti a non avere reazioni scioccamente e ciecamente moralistiche: ha scritto tantissime cose insopportabili o illeggibili, ma anche alcuni capolavori, e bisogna riconoscerlo".
"D'Annunzio, al di là del dannunzianesimo, come Pasolini sia pur in modo diverso, ha avuto comportamenti spesso inaccettabili, o indecenti, ma entrambi hanno capito e vissuto quella trasformazione antropologica che stava avvenendo nella loro epoca, e di questo bisogna dare atto a entrambi".
"Sul piano politico è chiaro che c'era una componente nazionalista, basta pensare al suo ruolo nel maggio 1915, dove la piazza ha preso il potere sul Parlamento, e siamo entrati sciaguratamente in guerra: una vicenda in cui D'Annunzio sicuramente ha le sue grandi e gravi responsabilità. Nella reggenza del Carnaro però ha aperto scuole italiane croate e ungheresi, ha introdotto il divorzio, la carta del Carnaro socialmente, per lavoratori, non era certo definibile un documento di destra, quindi c'erano degli elementi di differenza, non si può definire semplicisticamente tout court D'Annunzio un fascista".
"Il suo vice, Ercole Miani, fu il comandante della Resistenza a Trieste, orribilmente torturato dai fascisti a Trieste durante l'insurrezione. Giustamente a Ercole Miani dopo fu data dopo la medaglia d'oro, e io nel libro racconto anche questa storia: il Ministero italiano evidentemente aveva ritrovato una vecchia pratica fascista e diede anche la medaglia d'oro alla memoria del suo torturatore. Miani restituì quindi la sua medaglia, e solo dopo morto gli amici gliela misero nella tomba".
"A parte questo conclude - io credo che D'Annunzio sia uno degli scrittori della storia del nostro paese, e non possiamo escluderlo, come non possiamo escludere ad esempio Pirandello dalla storia del Teatro del Novecento: Pirandello è stato fascista, più fascista di D'Annunzio, anche se evitava gli atteggiamenti pagliacceschi di D'Annunzio".
Ornella Rossetto
Alessandro Martegani