46 lavori diversi, dallo spazzino al boscaiolo, per cambiare la propria immagine da esponente dell’élite politica cosmopolita a quella di un virile uomo di provincia uscito dalla classe operaia. Questo il percorso seguito da Borut Pahor per diventare presidente della repubblica e per sconfiggere Danilo Türk, uno che - a dire di sua moglie – era in grado di stare seduto, senza complessi di inferiorità, allo stesso tavolo con la regina Elisabetta e il principe Filippo. In sintesi, tutto quello aveva fatto vincere Türk cinque anni prima conto Lojze Peterle lo fece perdere con Pahor. I tempi erano cambiati, la crisi economica aveva trasformato in valori quello che fino a ieri erano disvalori.
Poi ci sono le donne. C’è "l’innocente, bella ed intelligente" Katarina Kresal, la prima a diventare presidente di un partito politico, quella che seppe, da ministro dell’interno, risolvere la macchia dei “cancellati”. Troppo fuori dagli schemi per non venir triturata dal sistema mediatico sloveno, che puntò i riflettori sulla sua relazione con un uomo più anziano di lei, sui suoi vestiti usciti dagli atelier milanesi, sulla sua appartenenza a quella che viene intesa come l’alta società e sul fatto di aver privilegiato la carriera d’avvocato, rispetto alla famiglia ed ai figli.
Più accettabile Alenka Bratušek, con alle spalle la sua famiglia tradizionale, che posta foto dalla sua cucina mentre impasta "potice" e "strucoli". Per una bella donna, però, stare a galla nella politica slovena non è facile. “La durata del suo incarico sarà proporzionale alla lunghezza delle sue gonne”, dissero dall’opposizione. Poi vennero tirati in ballo i tacchi alti, le stoffe leopardate, per arrivare al suo inglese e al sua proposito di occupare la poltrona di commissario europeo. Alla fine l'immagine che si cercò di appiccicargli addosso fu quella dell’ambiziosa incompetente.
Per nulla al centro dell’attenzione dei media, invece, chi come Ljudmila Novak, rappresenta la figura della donna fedele ai valori tradizionali ad anche al suo ruolo di massaia ed angelo del focolare.
Stefano Lusa