“Un leader carismatico, una persona schietta e decisa, un uomo gentile quasi d’altri tempi”, con queste parole il professor Giovanni Radossi ha ricordato Antonio Borme, morto il 6 agosto del 1992, quando ricopriva la carica di presidente dell’Unione italiana. Ripercorrendone le tappe salienti della vita privata e professionale, dalla laurea a Padova all’insegnamento e direzione del liceo rovignese e fino alla costituzione del dipartimento d’italianistica all’ateneo polese, rilevato l’impegno nell’affermazione della soggettività e dignità degli italiani rimasti e il coraggio nel riallacciare la collaborazione culturale con la Nazione madre per tramite dell’ UPT di Trieste. “Defenestrato dal regime comunista, si ritirò in silenzio in attesa della riabilitazione, che come si aspettava, arrivò da parte dei connazionali”, ha affermato Radossi ricordando poi il contributo di Borme nella creazione e guida della nuova Unione italiana. “Il massimo, il migliore, il più preparato tra noi rimasti”, ha detto Radossi rilevandone la natura riflessiva e allo stesso tempo vivace, franca e serena, ma soprattutto determinata e coerente.
“Lo dimostrano i 18 anni di esilio a Trieste, presso la famiglia quando pur non avendo nessun contatto con le vicende che caratterizzarono l’ Unione degli italiani dell’ Istria e di Fiume, è continuato ad essere vicino alla CNI con le sue preoccupazioni e i suoi pensieri e a ritornare preparatissimo quando la voce dei connazionali lo invitò a rientrare”, è stato rilevato da Radossi. Presenti alla cerimonia i dirigenti della Comunità degli italiani e della municipalità rovignese, quelli dei Consigli della minoranza italiana dell’ Istria e della Contea Litoraneo montana, i vertici dell’ Unione italiana e della Regione istriana che sono stati ringraziati a nome della famiglia dal figlio di Antonio Borme, Giuseppe. “Per noi è motivo di grande orgoglio vedere che a distanza di tanti anni dalla scomparsa di papà ci siano ancora tantissime persone che lo ricordano; presenziare a questa commemorazione testimonia la più sincera e reale volontà di ricordare e onorare una persona- non dovrei dirlo io, perché sono di parte- che ha dato moltissimo per la sua gente”.
Lionella Pausin Acquavita