Forse per via della sua vicenda personale, Franco Giraldi, regista nato nel 1931 a Comeno, vicino a Gorizia, da madre slovena di Trieste e padre italiano di Pirano, e morto a Trieste nel 2020, vittima del Covid, ebbe molto caro il tema della frontiera, con le sue implicazioni sull'identità e il senso di appartenenza. Esponente alto della cultura mitteleuropea, ha trasporto in immagini le pagine di Pier Antonio Quarantotti Gambini, Giani Stuparich e Franco Vegliani, di alcuni scrittori cioè come lui uomini e intellettuali di quel crocevia straordinario ma anche tormentato che sono state e in parte ancora rimangono le nostre terre. Dopo il successo degli spaghetti western e della commedia di costume, Giraldi ha infatti realizzato a partire dagli anni Settanta un trittico rimasto nella storia del cinema con il nome di "trilogia della frontiera" che comprende "La rosa rossa", "Un anno di scuola" e "La frontiera". Film che saranno ora riproposti in una rassegna itinerante che, da oggi a fine marzo, farà scalo a Pordenone (Cinemazero), Udine (Visionario), Trieste (al Cinema Ariston) e Gorizia (Kinemax). È il progetto "Franco Giraldi: raccontare la frontiera" , finanziato dalla Regione Friuli Venezia Giulia nell'ambito delle iniziative in vista dell'appuntamento di GO2025! Nova Gorica e Gorizia Capitale europea della cultura.
Le proiezioni, a ingresso libero, saranno introdotte da studiosi ed esperti del cinema di Franco Giraldi.
Il primo appuntamento, come detto, è con il film "La rosa rossa", tratto dal romanzo omonimo dello scrittore istriano Pier Antonio Quarantotti Gambini. Una storia intimista ambientata nella Capodistria appena diventata italiana, all'indomani della prima guerra mondiale. Il film, uscito nel 1974, fu girato a Rovigno, con alcune scene a Valle, Albona e Capodistria, ricostruendo sullo schermo quel "piccolo mondo antico" a cui Giraldi si rivolge con delicatezza, discrezione e senso di affetto.