"Con i suoi lavori ha attraversato 60 anni di storia cinematografica italiana esprimendosi sempre con grande autonomia artistica e sviluppando un vero e proprio universo personale".
Per questi meriti il 40. Premio internazionale alla migliore sceneggiatura Sergio Amidei, lo scorso luglio, aveva attribuito a Pupi Avati il Premio Opera d'Autore. Ora la cerimonia di consegna (in programma domani al Kinemax di Gorizia ), occasione, anche, per presentare il suo libro "L'alta fantasia", edito da Solferino, omaggio del regista e scrittore bolognese a Dante nel settecentenario della morte. Un romanzo già diventato film, che vedremo nelle sale il prossimo autunno, la prima vera biografia cinematografica del sommo poeta nazionale.
L'idea del libro e del film che racconta la vita di Dante attraverso la voce di Giovanni Boccaccio, suo primo biografo, interpretato nella pellicola da Sergio Castellitto, è frutto di non meno di vent'anni di ricerca e di studio che Avati ha condotto sul poeta fiorentino. Un poeta da lui non amato negli anni di scuola (come ha spiegato ormai molte volte) ma in seguito riscoperto come l'autore del "poema di più alta poesia che mente umana possa concepire" (sono parole sue).
Da dove viene questa sua smisurata grandezza poetica? Secondo Pupi Avati dal dolore, che promuove l'essere umano a una più alta conoscenza, il dolore che è stato "il compagno più assiduo" dell'esistenza di Dante, a cominciare dalla perdita della madre, quando aveva solo cinque anni, fino all'amarezza della cacciata da Firenze. Il risultato è uno sguardo partecipe e nuovo su Dante, che ci rende l'autore della Divina Commedia più vicino.