Quando ero piccolo, negli anni Sessanta del Ventesimo secolo, in Jugoslavia andava di moda la canzone: Moja mala djevojčica, più comunemente nota come Tata kupi mi auto-Papà comprami la macchina, cantata da Ivo Robić e Zdenka Vučković ,
Tata kupi mi auto, bicikl i romobil…, che sarebbe, in italiano: Papà comprami l’auto, la bicicletta e il monopattino. La canzone esprimeva i sogni proibiti, capitalistici, di tutta una generazione di jugoslavi. Pochi potevano permettersi tutti quegli oggetti di lusso occidentale elencati dalla canzone, sicuramente non in quell’ ordine. Se ci andava bene, ci si poteva accontentare del monopattino di legno. Raramente della bicicletta, almeno in quegli anni. Per pedalare dovevamo aspettare ancora un po’ . Io, se insistevo troppo a canticchiare quella canzone, mi guadagnavo qualche sberla educativa.
Il 21 ottobre del 1991 la gloriosa armata popolare jugoslava, abbandonò il territorio sloveno attraverso il porto di Capodistria. Quel giorno un intero mondo stava definitivamente evaporando e un altro stava per radicarsi.
Sempre nell’ ottobre del 1991, con la legge immobiliare denominata Jazbinšek, dal nome dell’allora ministro per l’ ambiente, in Slovenia inizia il processo di privatizzazione degli alloggi popolari, di proprietà dello stato. Fu il primo atto di massiccia privatizzazione dopo decenni di regime comunista jugoslavo. Un atto dal forte impatto simbolico e psicologico, che nelle intenzioni doveva portare ad un accumulo di riserve valutarie allo stato e creare fondi parastatali da cui attingere per il nuovo mercato immobiliare, ma che soprattutto contribuì, oltre che a liberare lo stato dagli obblighi di manutenzione delle vecchie case, all’ ulteriore radicamento culturale di centinaia di miglia di cittadini in aree urbane rimaste vuote dopo la guerra, dopo l’ esodo.
Dei circa duecento sessanta mila immobili comunali o statali ne vennero venduti, con la legge Jazbinšek, circa 160 mila, a prezzi più che vantaggiosi; anche i palazzi sontuosi delle antiche cittadine veneziane della costa subirono la stessa sorte. Con qualche migliaio di marchi, gli affittuari di allora potevano venire in possesso di un appartamento sontuoso, di un centinaio di metri quadri, in pieno centro storico. Fantasmi compresi.
Con gli anni tutti quei metri quadri di immobili privatizzati avrebbero creato, ai nuovi proprietari, qualche problema di manutenzione, qualche grattacapo esistenziale e nuovi mutui. Molti dei vecchi affittuari si erano ritrovati proprietari di case da ristrutturare. Fino ad oggi, quando anche un rudere si sta rivelando una miniera d’oro.
Da allora, dall’ indipendenza, dalla privatizzazione, è cambiato un mondo. Il mercato immobiliare ultimamente ha subito un’ impennata sorprendente dei prezzi. A Capodistria, cittadina portuale della riviera slovena, e lungo tutta la costa, gli immobili registrano un’ incredibile impennata dei prezzi. Non c’è soffitta o sottoscala, raffazzonati alla meglio, che oggi non si affitti o venda a prezzi stratosferici…Su uno dei principali siti internet di compravendita immobiliare ho visto un annuncio di vendita di un monolocale di trentaquattro metri quadri straripante di letti. Chiaro il messaggio: “compratelo, è un buon business, in una stanza ci potete fare un vero e proprio assembramento di turisti”. Che importa se ora lo strapagate a peso d’oro e se la città non ci guadagna niente se non un temporaneo sovraffollamento vacanziero. L’ incasso è garantito.
Il sogno capitalista postcomunista si è finalmente avverato.
Aljoša Curavić