Poteva essere una bella domenica di primavera. La terza domenica di marzo, una delle tante giornate campali della lotta contro il coronavirus, la giornata d’inizio della chiusura totale della Slovenia, su modello italiano. Sul virus che sta mettendo al tappeto il mondo, è stato già detto tutto e il contrario di tutto, però ne sappiamo poco. Stiamo ancora aspettando il picco della virulenza, in Italia. Poi in Slovenia, poi negli altri paesi. Intanto il picco dello stress, della paura, dell’ansia, dell’incertezza, l’abbiamo già raggiunta e superata parecchie volte. Tutti, singolarmente e come collettività. Siamo a casa o in trincea. Non ci è dato altro spazio a disposizione. Neanche quello della politica. In questo contesto ci siamo chiesti che senso ha scrivere commenti, analisi, editoriali. Sarebbe un po’ come commentare da un campo di battaglia la battaglia in atto, dove non possiamo fare altro che raccontare ciò che vediamo, cercando di fissare lo sguardo su uno spiraglio qualsiasi, che ci viene dato dalla scienza, dai medici. Anche per questo, perché costretti dalla logica delle trincee, dei novi confini che non permettono i movimenti, a radio Capodistria siamo stati costretti a fare alcuni cambiamenti radicali del palinsesto, di programmazione. Per permettere a tutti noi di raccontare questa brutta storia da casa propria, dai tanti cuori pulsanti di questa crisi: dalla Slovenia, dall’ Italia, dal vicino Friuli - Venezia Giulia, dalla Croazia, dall’ Istria. Nello spirito transfrontaliero e libero della nostra emittente, che non deve perdersi d’animo neanche ora.
Perché , prima o poi, arriverà una bella domenica di primavera. Ne siamo certi.
Ajoša Curavić