Giro di vite da Bruxelles per le etichette 'eco' e 'bio'. Le aziende europee dovranno offrire prove scientifiche per garantire che le etichette sui loro prodotti siano veritiere e affidabili. Il 53,3 per cento delle dichiarazioni sui prodotti fatte finora dalle aziende esaminate dall'Unione Europea è risultato vago e infondato. Si tratta del piano contro il cosiddetto greenwashing, che prevede che le aziende saranno chiamate a offrire prove scientifiche ampiamente riconosciute per garantire che le etichette 'eco', 'bio', a 'ridotta impronta climatica' sui loro prodotti siano veritiere, affidabili e comparabili. Contro le dichiarazioni infondate gli Stati membri potranno infliggere sanzioni amministrative deterrenti, incluse le multe. Le nuove regole sono contenute nella direttiva Green Claims presentata a Bruxelles. L'obiettivo è di tutelare i consumatori e gli operatori economici impegnati ad accelerare la transizione verde. Secondo l'esecutivo europeo il 53,3 per cento delle dichiarazioni 'verdi' sui prodotti è risultato vago, fuorviante o infondato, e quasi il 40 per cento privo di fondamento. Le dichiarazioni o le etichette che utilizzano un punteggio aggregato dell'impatto ambientale complessivo del prodotto non saranno più consentite e non saranno permessi nuovi sistemi di etichettatura pubblici a meno che non siano sviluppati a livello europeo. Qualsiasi sistema privato dovrà comunque mostrare ambizioni ambientali più elevate rispetto a quelle esistenti e ottenere una pre-approvazione per essere autorizzato. I Paesi membri dovranno garantire l'applicazione delle nuove norme con un sistema di controlli e introdurre sanzioni efficaci, proporzionate e dissuasive per chi non le rispetterà, con importi stabiliti a seconda della natura e gravità della violazione.
Franco de Stefani