Foto: Martegani
Foto: Martegani

La lingua slovena in Consiglio comunale crea ancora problemi a Trieste. Sono lontani i tempi in cui gli interventi in sloveno di Samo Pahor provocavano urla e perfino squilli di tromba da stadio all’interno del Consiglio comunale, ma l’uso di una lingua diversa dall’italiano non passa ancora senza tensioni nella sala di Palazzo Cheba.
L’ultimo episodio, come riportato dal quotidiano Primorski Dnevnik, si è verificato nel corso della riunione dei componenti dei consigli circoscrizionali, i parlamentini dei rioni, convocati nella sala del Consiglio comunale per ascoltare l’assessore Everest Bertoli sulle variazioni di bilancio. Fra i presenti c’era anche Matia Premolin, consigliere dell’Unione Slovena e vicepresidente della seconda circoscrizione “Altipiano est”.
Premolin, che precedentemente aveva chiesto se ci fosse un servizio di traduzione senza ottenere informazioni a riguardo dai funzionari del Comune (il Consiglio comunale si trova nel centro di Trieste, in un’area non compresa nelle zone di applicazione della legge di tutela della minoranza slovena in Italia e non è previsto un servizio di traduzione), ha iniziato il suo intervento in sloveno chiedendo la traduzione, ma l’unica possibilità sarebbe stata inviare un intervento scritto per farlo tradurre successivamente. Il consigliere della comunità slovena ha così proseguito in italiano, ma l’intervento non è passato senza conseguenze.
L’assessore Bertoli ha chiesto la parola ed è intervenuto in albanese, mentre dai banchi della maggioranza di centro destra si sono levate delle proteste (nell’aula ha echeggiato anche un "siamo in Italia"), e a poco sono servite le precisazioni del consigliere dell’Unione slovena, che ha ricordato come l’albanese non rientri tra le lingue autoctone della comunità locale, al contrario dello sloveno.
Passano gli anni, ma il clima non sembra cambiare in Consiglio comunale su temi sensibili come l’uso di una lingua diversa dall’italiano, con posizioni che sembrano ignorare la differenza fra una lingua straniera e quelle invece parlate dalle comunità che vivono sul territorio, utilizzate da cittadini italiani che hanno gli stessi diritti di poter utilizzare la lingua con cui si esprimono meglio, soprattutto in contesti come le istituzioni.
Anche tre anni fa, il solo saluto in sloveno seguito da quello in italiano da parte dei consiglieri comunali appartenenti alla minoranza slovena aveva scatenato le reazione del centro destra, ma non dappertutto è così: lo sloveno è utilizzato all’interno dei consigli circoscrizionali delle aree in cui è presente la comunità linguistica, ma anche a Gorizia, durante l’amministrazione di centro destra guidata da Ettore Romoli, era stato consentito ai consiglieri d’intervenire nella propria lingua, ripetendo poi l’intervento in italiano.

Alessandro Martegani