Frutto di oltre 15 anni di studio, la mostra rappresenta il culmine del lavoro di Urška Lampe, esperta di storia contemporanea. L'obiettivo è quello di unire la ricerca d'archivio alle testimonianze dirette, dando voce a coloro che hanno vissuto sulla propria pelle le conseguenze della prigionia. Attraverso un’accurata indagine post-dottorato, la studiosa ha approfondito le vicende dei prigionieri di guerra italiani in Slovenia e Jugoslavia, analizzando non solo il loro destino, ma anche l’impatto che questa esperienza ha avuto sulle loro famiglie e discendenti. La mostra è concepita per coinvolgere il pubblico in modo diretto: grazie a una formula trilingue (italiano, sloveno e inglese) e a contenuti multimediali, i visitatori possono immergersi nei racconti attraverso podcast con testimonianze e interviste. Un modo innovativo per superare i confini della ricerca accademica e rendere accessibile a tutti un pezzo di storia spesso dimenticato.

Urška Lampe spiega il significato profondo della sua ricerca:
"Sono partita da un lavoro di archivio, fondamentale per ogni studio storico. Ma ho sentito il bisogno di andare oltre: la storia orale permette di colmare le lacune lasciate dai documenti ufficiali. Entrando nelle case delle persone, ascoltando le loro storie e i loro ricordi, ho potuto dare un volto umano alle esperienze dei prigionieri di guerra e delle loro famiglie. L’obiettivo della mostra è proprio questo: aprire le memorie, rompere il silenzio e superare le narrazioni collettive cristallizzate nel tempo. Le guerre non sono mai in bianco e nero: hanno sempre un volto oscuro. E solo comprendendolo possiamo guardare al futuro con maggiore consapevolezza."
Dionizij Botter
