È nel battistero romanico di san Giovanni Battista, detto dai capodistriani la Madonna del Carmine o la chiesa dei Carmini, attiguo al duomo, che la diocesi iustinopolitana ha dato il via agli eventi per la festa patronale di San Nazario (19 giugno). In un'atmosfera solenne, impreziosita dalle note di alcune giovanisime musiciste, l'aria profumata dai fasci di lavanda, il vescovo Jurij Bizjak ha benedetto la mostra di ritratti dei vescovi capodistriani, disposti come in un lungo fregio alle pareti della rotonda.

La collezione risale alla seconda metà del Settecento, i ritratti, mai esposti al pubblico prima d'ora, sono incorniciati a gruppi di due o più: trenta in tutto, dal beato Assalone, che governò la chiesa locale nel primo Duecento, ad Agostino Bruti, vescovo di Capodistria alla metà del diciottesimo secolo, uno dei successori del quale commissionò forse le opere. Manca in questa galleria il ritratto del vescovo Vergerio, passato alla Riforma.

Le sembianze potranno essere di fantasia, ma questi dipinti, ha detto monsignor Bizjak, ci restituiscono l'immagine di vescovi che sono realmente vissuti e che come successori degli Apostoli hanno operato perché il Regno di Dio si conservasse fra di noi. Un ringraziamento, nel corso della presentazione della mostra, è stato rivolto a Mira Ličen, che con un lungo e paziente lavoro ha restaurato quindici opere, che giacevano dimenticate nella soffitta del duomo; le altre, sottoposte a restauro già nel 1980, provengono dal vescovado.

A completare l'esposizione, i ritratti dei tre vescovi della ricostituita diocesi di Capodistria (dal 1830 al 1977 unita a quella di Trieste), Janez jenko, Metod Pirih e lo stesso Jurij Bizjak, oltre a due vetrinette con documenti storici e insegne vescovili, tra cui il pastorale di Paolo Naldini, padovano, vescovo di Capodistria dal 1688 al 1713, nome noto agli storici per la sua "Corografia ecclesiatica ossia descrizione della città di Giustinopoli della volgarmente Capodistria" (1700).

Nota stonata, durante la cerimonia l'italiano si è sentito davvero poco. Anche la piccola pubblicazione che supporta la mostra è solo in sloveno (e sono tutti slovenizzati i nomi dei vescovi, di chiara matrice italiana e veneta).