Sessant’anni fa una delle più grandi tragedie causate dall'errore umano colpì l'Italia ed ancora oggi sono molti gli interrogativi da chiarire.
La sera del 9 ottobre 1963, alle ore 22:39, una frana gigantesca, di oltre 270 milioni di metri cubi di roccia, crollò dalle pendici del monte Toc e precipitò nel sottostante bacino idrico del Vajont. Si sollevarono tre enormi onde, di cui una superò la diga e in parte risalì il versante opposto distruggendo tutti i centri abitati sulle sponde del lago nel comune di Erto e Casso.
La furia dell'acqua si riversò successivamente nella valle del Piave, distruggendo quasi completamente il paese di Longarone ed i comuni limitrofi, causando circa 2000 vittime.
"Un sasso è caduto in un bicchiere colmo d'acqua e l'acqua è traboccata sulla tovaglia": fu questa la metafora usata da Dino Buzzati, allora cronista del Corriere della Sera, per descrivere il disastro del Vajont.
Una tragedia immane che oggi il presidente della Repubblica Italiana, Sergio Mattarella, ha voluto ricordare visitando proprio i luoghi colpiti, come monito contro l'incoscienza degli uomini. Il Vajont ha, inevitabilmente, segnato la storia dell'Italia, una vicenda che dopo sessant'anni non è stata ancora del tutto chiarita e che rappresenta ancora quasi un monumento contro l'avidità.
Gli abitanti locali, infatti, in quegli anni avevano cercato più volte di spiegare alla ditta costruttrice che la conformazione dei terreni non era adatta ad un'opera così ambiziosa, trasformando il tutto in una "tragedia annunciata".
Pochi giorni dopo il disastro, la magistratura aprì un'indagine, vennero nominate commissioni d'inchiesta per stabilire se si fosse trattato di un evento naturale o di un errore umano. Vennero indagati per omicidio e disastro colposo alcuni dirigenti e consulenti della ditta costruttrice ed alcuni funzionari del Ministero dei lavori pubblici.
Tutte le relazioni tecniche del caso dimostrarono che la catastrofe del Vajont era prevedibile. Ci furono delle condanne, una sola persona finì però in prigione, per un anno e sei mesi.
L'azienda che realizzò la diga fu nel frattempo inglobata da Enel e Montedison, condannate a risarcire i danni nel 1997. Nel 2000 lo Stato italiano divise le spese di risarcimento con le due compagnie.
La diga del Vajont, nel frattempo, è ancora saldamente in piedi, come se fosse un monumento in ricordo di quanto avvenuto.
Davide Fifaco