Emanuele Filiberto di Savoia, insieme a Maria Gabriella, Maria Pia e Maria Beatrice, eredi di Umberto II, tramite il loro legale hanno richiesto la restituzione del tesoro di famiglia, che si trova da più di settanta anni nel caveau della Banca di Italia . Una decina i giorni concessi per la loro restituzione, dopo i quali se ciò come molto probabilmente non avverrà, gli eredi procederanno per vie legali per ottenerne la restituzione.
Dopo il referendum del 1946 e il conseguente esilio della famiglia reale, l’allora governatore della Banca d’Italia Luigi Einaudi prese in consegna le “gioie di dotazione della Corona del Regno” e da allora i gioielli si trovano lì.
Secondo la Costituzione, "i beni, esistenti nel territorio nazionale, degli ex re di Casa Savoia, delle loro consorti e dei loro discendenti maschi, sono avocati allo Stato”, ma il cosiddetto tesoro della Corona secondo i Savoia non rientrerebbe tra questi visto che nel verbale di consegna alla Banca d’Italia si legge che "si affidano in custodia alla cassa centrale, per essere tenuti a disposizione di chi di diritto”. Su ciò si fonda, quindi, la loro richiesta di riavere indietro i gioielli, che spetterebbero agli eredi come esplicita volontà del re esiliato Umberto II.
Emanuele Filiberto ha garantito, però, che se i gioielli torneranno alla sua famiglia non saranno nascosti in qualche altro caveau ma esposti in Italia, essendo anche essi parte della storia del paese. Bisognerà vedere se la loro linea vincerà o se, invece, si imporrà la visione di coloro che continuano a ritenere questi e gli altri beni avocati un risarcimento minimo dei tanti danni causati dai Savoia all’Italia nel ventesimo secolo.
Barbara Costamagna