Dopo il decreto bollette, che dovrebbe essere varato alla fine del mese di marzo dando così via libera a nuovi sostegni per imprese e famiglie, ci sono tre incognite sul cammino del Documento di economia e finanza da presentare entro metà aprile: le risorse da destinare alla Difesa, la riforma della previdenza e il processo di revisione della spesa pubblica. I tecnici dell'esecutivo stanno anche cominciando ad avviare "l'istruttoria" per giungere alla composizione del Def con cui entro la metà di aprile dovrà essere aggiornato il quadro macroeconomico e dovranno essere individuate le linee guida per centrare i nuovi obiettivi programmatici di finanza pubblica di qui al 2026.
E, come sempre, le scelte da effettuare sono anzitutto politiche. A sgomberare il campo dagli equivoci ci ha pensato direttamente la premier Giorgia Meloni intervenendo in Parlamento il 21 marzo: «Questo governo è abituato a difendere l'interesse nazionale, non abbiamo mai fatto mistero di voler aumentare gli stanziamenti in spese militari», ha detto la presidente del Consiglio ieri alla Camera, ribadendo il concetto oggi in Senato, dove è presente solo una piccola rappresentanza del governo. Sulla previdenza, invece, la posizione dell'esecutivo non è ancora chiara.
A breve il governo dovrà concentrare i suoi sforzi sul delicato versante della politica economica, nel quale rientra il delicato dossier relativo alle spese finali del ministero della Difesa. Quelle autorizzate per il 2023 dall'ultima legge di bilancio ammontano a 27,7 miliardi, 1,8 in più rispetto all'anno precedente, ma lontano dall'obiettivo fissato nel 2014 insieme ai partner NATO del 2% del Pil. Anche per questo motivo il governo italiano ha avanzato a Bruxelles la richiesta di escludere le spese militari dal raggio d'azione del Patto di stabilità eurpeo.
Intanto ieri sera in un tweet la presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, ha reso nota di aver avuto una fruttuosa telefonata con Meloni sulla migrazione in vista del Consiglio europeo.
Valerio Fabbri