L'Italia è stata deferita dalla Commissione Ue alla Corte di giustizia europea per non aver posto fine all'uso abusivo di contratti a tempo determinato e a condizioni di lavoro discriminatorie nella scuola. Ciò viola la normativa UE sul lavoro a tempo determinato.
La Commissione ritiene che gli sforzi delle autorità siano stati, finora, insufficienti. La Commissione, viene spiegato più nel dettaglio dall'esecutivo comunitario, "ritiene che la legislazione italiana che determina lo stipendio degli insegnanti a tempo determinato nelle scuole pubbliche non preveda una progressione salariale incrementale basata sui precedenti periodi di servizio". "Ciò costituisce una discriminazione rispetto agli insegnanti assunti a tempo indeterminato, che hanno diritto a tale progressione salariale - spiega la Commissione -.
Marcello Pacifico, segretario del sindacato Anief (Associazione nazionale insegnanti e formatori) ha dichiarato: "La Commissione europea interviene 10 anni dopo la procedura di infrazione attivata nei confronti dell'Italia". Pacifico aggiunge: "È evidente che dopo 25 anni dall'approvazione della direttiva, ancora oggi in Italia non si rispetta la norma europea; sono più di 400 mila i docenti con più di 36 mesi di servizio che hanno subito questo abuso. La Commissione chiede misure che prevengano questo abuso: per noi si tratta del doppio canale di reclutamento e deve essere introdotto il principio di non discriminazione che pretende lo stanziamento di risorse straordinarie anche in vista del nuovo contratto".
Il Ministro dell'Istruzione e del Merito, Giuseppe Valditara, spiega: "Prendo atto della decisione della Commissione europea. Abbiamo sottoposto da tempo alla Commissione la necessità di rivedere il sistema di reclutamento dei docenti italiani previsto da un'intesa fra la Commissione e il precedente governo, superando le rigidità della riforma PNRR che creano un'oggettiva discriminazione a danno dei docenti precari e non tengono conto dei numeri del precariato che sono cresciuti negli scorsi anni. Attendiamo quindi fiduciosi che la parificazione dei diritti possa essere estesa ora anche alle forme di reclutamento", conclude il Ministro.
Davide Fifaco