La libertà di stampa in Italia è sempre più sotto attacco: mentre nel paese lo scontro fra politica e mondo dell’informazione ha assunto cadenza quasi quotidiana, con episodi che rivelano la tendenza crescente del potere politico ad aumentare la pressione su giornali e media, è giunta in Italia una delegazione del consorzio MFRR (Media Freedom Rapid Response), progetto finanziato dal 2020 dalla Commissione europea, con il compito di verificare l’effettivo stato della libertà di stampa e di espressioni nel paese.
Solo poche settimane fa l’Italia era scesa ancor di più nella classifica di Reporters sans Frontière, passando dal 41 esimo al 46 esimo posto, in parte anche per il tentativo di un parlamentare della Lega, l’imprenditore Antonio Angelucci, di acquisire il controllo dell’agenzia di stampa AGI.
In occasione della missione del Consorzio, era anche stata organizzata una manifestazione di fronte alla sede della Rai a Roma, con la partecipazione di tutte le organizzazioni dei giornalisti e le associazioni che si occupano di libertà nell’informazione.
Oggi il Comitato, al termine delle tre giornate sulla penisola, ha fatto il punto sulla visita, sottolineando come di questi temi i componenti della delegazione abbiano potuto parlare solo con i parlamentari di opposizione, visto che gli inviti al dialogo sono stati sistematicamente rinviati al mittente dagli esponenti della maggioranza di centro destra
I sette componenti del consorzio, che negli ultimi tre giorni hanno incontrato giornalisti, sindacati, interlocutori istituzionali e rappresentanti della società civile, hanno ricordato come in Italia nel corso del 2024 ci siano già stati 49 episodi di possibile compressione o violazione della libertà di stampa, mentre nel triennio 2022-2024 gli episodi contro la libertà di stampa (minacce fisiche, intimidazioni verbali, aggressioni, azioni legali, denunce temerarie e censura) sono stati 175.
I membri della Commissione, che presenteranno un rapporto dettagliato della missione nelle prossime settimane, si sono concentrati anche sulla legislazione italiana sulla diffamazione, che consente le cosiddette “querele bavaglio”, cause temerarie intentate con il solo scopo d’intimidire il giornalista.
In Italia c’è ancora una normativa che prevede il carcere per questo tipo di reati, e oltre alla depenalizzazione, ha detto Sielke Kelner componete del Media Freedom Rapid Response, “sulla diffamazione le nostre raccomandazioni sono in linea con gli standard internazionali: auspichiamo la possibilità dell’archiviazione tempestiva dell'azione temeraria, ma anche l'inversione dell'onere della prova, e chiediamo che venga istituito un tetto massimo di risarcimento in sede civile”.
Per migliorare la situazione sulla libertà di stampa in Italia è poi necessario cambiare la legge di nomina del Consiglio di amministrazione della Rai, attualmente di nomina politica, ed evitare il conflitto di interessi.
Alessandro Martegani