“Non ero a conoscenza delle indagini. Se lo avessi saputo non mi sarei candidato”. Ha deciso di scegliere la strada della pubblica ammenda, ma anche dell’estraneità a quanto sta emergendo sulla gestione dei lavoratori da parte di moglie e suocera, Aboubakar Soumahoro, il sindacalista dei braccianti e parlamentare di Sinistra italiana, finito al centro di una bufera mediatica, pur non essendo indagato, dopo le indagini avviate dalla procura di Latina.
I magistrati hanno raccolto denunce da parte di lavoratori agricoli e dipendenti che avevano lamentato mancati pagamenti e anche maltrattamenti da parte delle cooperative Karibu e Consorzio Aid, gestite dalla moglie Liliane Murekatete e dalla suocera di Soumahoro, Marie Thérèse Mukamitsindo, per ora l’unica indagata nell’inchiesta.
Nell’indagine s’ipotizzano anche truffa e altri reati fiscali: i magistrati stanno anche vagliando la regolarità di bandi per 62 milioni di euro vinti dalle due coop, per la gestione dei migranti e l’accoglienza, soldi che però non sono andati dipendenti, rimasti per mesi senza retribuzioni. Il sospetto è che parte dei fondi sia finita sui conti correnti della famiglia della suocera e moglie del deputato, anziché nelle buste paga dei lavoratori. Sulle due coop inoltre piovono anche accuse più pesanti, come quelle dei sindacati, che parlano di rapporti far le due società e il caporalato.
La polemica è montata anche su fatti non strettamente legati all’inchiesta, come la passione di Liliane Murekatete per gli abiti e le borse firmate, oltre che per la vita mondana, tutto assolutamente legittimo, se non fosse che poi la società da lei diretta non pagava i braccianti.
Di tutto questo Soumahoro si dice del tutto all’oscuro: anche nella prima intervista in tv dopo l’esplosione della vicenda, il deputato, che si è autosospeso dal gruppo parlamentare e sembra essere stato, se non scaricato, perlomeno allontanato temporaneamente dai dirigenti del partito in evidente imbarazzo, ha ribadito la volontà di stare in Parlamento per difendere i deboli, e difeso la sua storia e la sua integrità, limitandosi a dire di aver “commesso una leggerezza” non far caso ai segnali come i ritardi nei pagamenti”. Anche sugli abiti firmati il parlamentare ha tagliato corto, affermando che “esiste un diritto all’eleganza, un diritto alla moda”.
Dal punto di vista penale il deputato non è stato assolutamente toccato dall’inchiesta, ma rimane il peso politico di essere marito e genero di due dirigenti accusate di aver affamato e maltrattato per mesi i lavoratori che Soumahoro avrebbe dovuto difendere, una missione che l’ha portato fino alla Camera, di fronte alla quale si era presentato con degli stivali sporchi di fango, a simboleggiare proprio la sua battaglia, che ora appare però tradita.
Alessandro Martegani