Oggi, 8 febbraio, in Slovenia si celebra la giornata della cultura. Be’ diciamo subito che celebrare la cultura è sicuramente qualcosa di encomiabile, però… C’è sempre un però quando si celebra qualcosa. Anche in un paese che celebra la cultura come una festa nazionale, può succedere che il celebrato, l’oggetto glorificato, sia qualcosa che non c’entra niente con la realtà, con il quotidiano vissuto.
Perché parlare di cultura, celebrandola come perno essenziale dell’identità nazionale di un popolo, spesso non equivale a fare cultura. Ci piace pensare alla cultura come un atto totale di contaminazione, un po’ quello che fa Dante nella Divina Commedia, contaminando la sua poesia con lo spirito europeo, ma non soltanto, del suo tempo. Oggi le contaminazioni stanno diventando un tabù, sull’onda delle contrapposizioni etniche, sovraniste e ideologiche. Non serve andare oltre oceano o oltre Manica, per capirlo. Basta andare, per quanto ci riguarda, a Fiume, città europea della cultura che, celebrando peana antifascisti e slogan da naftalina, tratta a pesci in faccia una delle sue minoranze più rappresentative. Lo dicono gli stessi fiumani.
Speriamo non succeda anche quando la staffetta di Capitale europea della cultura si fermerà in Slovenia, a Pirano o Nova Gorica.
Aljoša Curavić