Dalla piazza al palazzo, ma anche dalle urne al parlamento. Sono questi i principali sentieri lungo i quali, molto spesso, si smarriscono le buone intenzioni della politica. Non sempre per sopraggiunti o maggiori interessi, a volte solo per la difficoltà stessa di mettere in atto quanto promesso in campagna elettorale. Spetta ora a Golob provarci lì dove, ultimi in ordine di tempo, ci hanno provato Marjan Šarec e Janez Janša, senza mai ottenere il necessario consenso sull'introduzione del voto di preferenza. Il premier spera di avere maggior fortuna, anche perché, ha detto, con poco meno del 71% degli elettori che hanno votato a favore del quesito referendario, "far rispettare la volontà dei cittadini è un grande obbligo morale della politica". Per farlo servono però anche i numeri. Per superare il voto dell'Aula, infatti, è necessaria una maggioranza qualificata dei due terzi, quindi 60 voti. Motivo per cui servirà il consenso anche di una parte dell'opposizione, dando per scontato, anche se non è detto che sia così visti i mal di pancia in merito fra i Socialdemocratici, i voti dei partiti di coalizione. Ed ecco spiegato il motivo per cui, alla riunione in programma oggi sulle modifiche della legislazione elettorale, parteciperanno anche il ministro della pubblica amministrazione, Franc Props, e il segretario di Stato nel gabinetto del primo ministro responsabile per i rapporti con la Camera di Stato, Maša Kociper, oltre ovviamente ai capigruppo dei 5 partiti presenti in parlamento e ai segretari dei partiti. Non è chiaro quale sarà l'esito, anche perché molto si dovrà decidere, e valutare quindi se introdurre il voto di preferenza assoluto o relativo, obbligatorio o facoltativo, e in che modo modificare o abolire i distretti elettorali. Il sentiero dalle urne al parlamento, come detto, molto spesso è tortuoso.
Valerio Fabbri