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Rimarranno ad esclusiva destinazione agro-silvo-pastorale i terreni ubicati nei comuni censuari di Opicina, Rupigrande e Gabrovizza, di proprietà delle locali comunelle dell'altipiano carsico. Sono circa 460 ettari di territorio, da secoli curati dalle comunioni familiari a cui partecipano coloro che li coltivano in forma diretta e solidale, sulla base di regole consuetudinarie o di antichi statuti.

Ci sono voluti quasi cento anni, ma alla fine una sentenza della Corte di Cassazione ha blindato la tradizionale destinazione agrosilvopastorale di parte del territorio del Carso. «Si tratta di una decisione storica - ha commentato Carlo Grgič, vicepresidente della Consulta nazionale della proprietà collettiva - in quanto ci sono voluti cent’anni per vedere riconosciute le ragioni delle comunelle».
Il contenzioso con lo Stato italiano iniziò infatti con la fine della Prima guerra mondiale. L'avvocato Peter Močnik, che ha difeso le comunelle in Corte di Cassazione ha spiegato che "la legge sulle proprietà collettive in Italia non esisteva, mentre è sempre stata presente nel diritto germanico. Prova ne sia che esse erano previste nell’ambito del sistema giuridico dell’impero asburgico". Secondo successi ordinamenti in pratica il Comune avrebbe potuto modificare la destinazione dei terreni.

Dieci anni fa la Comunella di Opicina aveva presentato ricorso davanti al Commissario regionale per gli usi civici. Il Comune si era opposto, vedendosi affiancato dalla Regione. La domanda della Comunella era stata respinta, in quanto il Commissario aveva ritenuto legittimo un bando del 1955. La Comunella si era allora rivolta alla Corte d’Appello di Roma, ma anche in tale occasione la decisione le era stata avversa. Inevitabile a quel punto rivolgersi alla Cassazione.

Con la recente sentenza alle comunelle viene riconosciuta la caratteristica di soggetti di «dominio collettivo, che esprimono la comunione di un unico e complesso diritto iscrivibile nei libri fondiari, comune ai discendenti degli autoctoni e dei proprietari collettivi dei terreni.
Nel testo la Cassazione ribadisce inoltre che «i terreni delle comunelle non sono assoggettabili alle norme sugli usi civici, in quanto proprietà collettive preesistenti alle leggi emanate dallo Stato italiano in materia».