Ma vi ricordate di Juventus - Inter? Ai tempi, i "complottisti della domenica" pensavano che il coronavirus fosse un pretesto per proibire la trasferta ai tifosi lombardi avvantaggiando un'arrancante Juventus. Sembra una vita fa, in realtà son passate poche settimane. Nel frattempo è cambiato il mondo, sono cambiate le nostre vite: anche lo sport si è fermato, annullando, decurtando o posticipando una serie di eventi, anche importanti.

Di fatto, la stagione delle discipline invernali è finita in anticipo, con i media italiani che hanno giustamente celebrato le vittorie in Coppa del Mondo al femminile nello sci alpino con Federica Brignone, prima sciatrice italiana a riuscire nell'impresa, Dorothea Wierer, che si ripete nel biathlon, e Michela Moioli, nello snowboard cross. In ambito maschile, probabilmente ci si chiede più come sarebbe andata senza l'infortunio di Dominik Paris nello sci alpino (visto che era partito alla grande, nel primo anno senza Marcel Hirsher) che celebrare il successo di Roland Fischnaller nello snowboard parallelo. A voler entrare maggiormente nella nicchia, sempre in ambito maschile, ci sono anche i successi di Simone Origione nello sci di velocità, del doppio nello slittino su pista naturale e della competizione a squadre nello slittino su pista artificiale, che tra l'altro è una disciplina olimpica.

Ma c'è un altro atleta che val la pena di celebrare. Si tratta di Giacomo Bertagnolli che, accompagnato dalla guida Marco Ravelli, ha vinto la Coppa del Mondo di sci alpino paralimpico nella categoria ipovedenti, assieme alle coppette di specialità in discesa, super gigante e slalom. La Coppa arriverà per posta: si tratta della seconda in carriera per lo sciatore di Cavalese, che vanta due ori Paralimpici e cinque titoli mondiali. Un campione in tutto e per tutto, che si allena al pari degli altri campioni, in uno sport che ha lo stesso valore di tutti gli altri sport. "Bisogna prima uscire da questa situazione, poi festeggeremo" spiega Bertagnolli, dimostrando che i campioni dello sport sono prima di tutto uomini come tutti noi.

Proprio questo ci ha insegnato questa stagione degli sport invernali: anche i campioni sono umani. Basti pensare alla scelta di Mikaela Shiffrin, che ha rinunciato a una serie di gare per riprendersi dalla scomparsa del padre. Oppure a Michela Moioli, che in pochi giorni passa dalla dedica della Coppa all'Italia, alla scomparsa della nonna per il covid19, con il nonno che è ancora ricoverato: Michela non sa se e quando lo potrà rivedere "Noi siamo come in un limbo, ma tutto intorno c'è una tragedia. Quando tutto sarà finito, sarà più bello sentirsi italiani: le persone saranno migliori, più altruiste", dichiara la campionessa, originaria di Alzano Lombardo, nel cuore della zona falcidiata dal virus.

Ed è qui che sta l'essenza del campione, che a volte cade, soffre, ma sa che bisogna rialzarsi e che bisogna divenire migliori di prima. Se il campione è umano e anche noi siamo umani, significa che possiamo farlo anche noi. Magari è il caso di imprimerci nella mente quanto ci manchino le emozioni dello sport, dell'andare allo stadio, del trattenere il fiato aspettando il responso del cronometro, del gioire o dell'arrabbiarsi per una tripla - magari di un lungo - sulla sirena o per una palla o pallina che rimbalza al di quà o al di là di una riga. In queste circostanze ci si rende conto sia di quanto siamo umani che di quanto ci sia di umano lo sport.

E quando tutto questo sarà finito, sarebbe bello se davvero cercassimo tutti di diventare persone migliori. Più altruiste.

Antonio Saccone

Foto: Komisija Vlade RS za reševanje vprašanj prikritih grobišč/Radio Slovenija
Foto: Komisija Vlade RS za reševanje vprašanj prikritih grobišč/Radio Slovenija