"Vola ti veghi?" dicono i vallesi per chiedere "Dove vai?". Come loro, altre cinque comunità dell'Istria meridionale comunicavano un tempo in istrioto. In quelle rurali e minori di Gallesano, Sissano e la stessa Valle si può sentire ancora le varianti locali dell'idioma nel quotidiano. A Rovigno raramente, a Fasana non più, a Dignano quasi esclusivamente in forma di produzione letteraria, mentre a Pola l'istrioto venne soppiantato dall'istroveneto già in epoca absburgica. Ci si sforza nelle Comunità degli italiani a salvare il salvabile. In particolare da quando venne istituito a Sissano il primo Festival dell'istrioto. La settima edizione prevede tre giornate - giovedì, venerdì e sabato - piene di avvenimenti. Nel giorno dell'inaugurazione, alle 18 è in programma "Discouversi londa", un progetto multimediale, la premiazione del Concorso letterario legato al Festival e l'apertura della mostra "La cusina de 'na volta". Il venerdì sarà dedicato ai bambini con una serie di laboratori e visita, con guida in dialetto, a una fattoria di Gallesano. Paolo Demarin, presidente dell'Assemblea di Unione italiana: "E' la parte del Festival a cui tengo particolarmente perchè avere oltre 60 ragazzi che a gruppi lavorano e scrivono favole nelle proprie parlate, per poi farsi registrare e creare dei progetti multimediali, è bellissimo".
In serata a far sentire l'istrioto in musica saranno le corali delle Comunità. Sabato incontro tra esuli e rimasti parlanti l'istrioto, con l'annunciato arrivo di una comitiva di istriani da Torino e gran finale con la sfilata folcloristica e sketch dialettali sul palcoscenico in piazza. "Ovviamente il Festival non inizia ne' finisce a Sissano - conclude Demarin - E' la tappa più importante, ma durante l'anno continueremo il discorso con molte altre iniziative mirate". L'anno scorso ad esempio sono state collocate a Sissano decine di tabelle con i nomi storici di vie e quartieri. Ora le Comunità si stanno coordinando per chiedere al Ministero della cultura croato il riconoscimento dell'istrioto quale bene culturale immateriale.
Alberto Cernaz