Franca Valeri approda al secolo. E solo pochi anni fa era ancora sul palco, a teatro, "la sua casa naturale", come ha detto in una recente intervista. Di casa, però la Valeri lo è stata anche al cinema (dove ha lavorato con i più grandi, spesso al fianco di Sordi e di Totò, esordendo con Fellini in "Luci del varietà"), alla radio e in televisione, da attrice, autrice e anche regista (di prosa e di opera lirica). Un'artista eclettica e completa, anche se lei preferisce definirsi soprattutto un comico. Così, al maschile: non per una questione di genere, ma - precisa - di appartenenza. Una comicità, la sua, fatta di ironia, di intelligenza, di una capacità di osservazione della realtà sempre pronta a cogliere e a dissacrare vizi, mutamenti e debolezze della società italiana. Con una galleria di personaggi entrati nell'immmaginario nazionale: dalla signorina snob del dopoguerra a Cesira la manicure, fino alla sora Cecioni, la popolana romana sempre al telefono con "mammà". Figure divenute mitiche, di strepitoso successo. Icona di stile, infaticabile, Franca Valeri ha tracciato un segno inconfondibile nello spettacolo italiano, la prima vera voce femminile autonoma della scena nazionale, sin dal suo debutto alla fine degli anni Quaranta, quando faceva l'attrice nella compagnia dei Gobbi, che con i loro sketches sfondarono anche nei teatri parigini. La giovinezza era stata travagliata: da ebrea la Valeri era sfuggita per miracolo alle deportazioni. Una vita così lunga, ha spiegato alla vigilia dei suoi cent'anni, è stata una sorta di risarcimento per quello che ha sofferto da ragazza. (ornella rossetto)
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