Una delle attrici più famose e amate del cinema italiano, musa di Hitchcock e di Visconti, icona di talento e di fascino lungo una stagione professionale che si è dipanata dai 'telefoni bianchi' fino al Leone d'oro alla carriera a Venezia, passando anche per Hollywood.
Semplicemente Alida Valli, nome d'arte di Alida Maria Altenburger, nata - e mai tornata - a Pola nel 1921, la baronessa che aveva gli occhi più belli del mondo. Rivive in questa mostra fotografica (proveniente dall'Archivio Carlo Montanaro) accolta fino 7 maggio a Palazzo Gravisi - con il patrocinio del Consolato generale d'Italia a Capodistria - dopo la tappa a Umago e l'allestimento all'Istituto italiano di cultura di Zagabria, organizzata dall'Università popolare di Trieste e dall'Unione italiana.
Il titolo è "Sguardi". "Alida Valli aveva degli straordinari occhi color turchese e uno sguardo magnetico", spiega Mila Lazić, della Casa del cinema di Trieste, intervenuta all'inaugurazione. "Ma l'allusione è piuttosto agli sguardi 'su' di lei, di registi, dei fan dai quali riceveva 250 lettere al giorno".
Una mostra fatta di immagini e parole: alla galleria dei suoi ritratti e alle fotografie che la colgono sulle scene dei suoi tanti film, da "Piccolo mondo antico" a "Senso", al "Caso Paradine" a "Il grido" (in cui fu diretta da Michelangelo Antonioni), si accompagnano le testimonianze dell'attrice (scomparsa nel 2006), dei registi e degli attori che la ricordano, tratte dal pluripremiato film-documentario "Alida" di Mimmo Verdesca, circuitato anche in Istria. C'era in lei "quella cosa, anche un po' eroica, che c'è in alcuni attori, che sono pronti alla totale nudità della loro anima", ne ha detto il regista Bernardo Bertolucci. Estranea ad atteggiamenti divistici, donna con una forma di gentilezza riservata e austera, non ebbe da quel mestiere svolto con tanta passione e dedizione solo gioie. "Il mestiere di attore è spietato. Ho vissuto troppe storie d'amore nella finzione per poterne vivere una vera e tutta mia per sempre".