L'italiano, lingua di elezione e di scuola; e il dialetto, tuttora abitualmente usato dai connazionali nelle varie situazioni della vita quotidiana, e dunque in tutti i sensi 'lingua del cuor'. Non sarà più quello di una volta, ma l'istroveneto - da poco riconosciuto anche ufficialmente come bene culturale, sia in Slovenia che in Croazia - sta benissimo, e a offrirne una fotografia aggiornata è l'"Atlante" della dialettologa capodistriana Suzana Todorović, un'opera monumentale che arricchisce le nostre conoscenze sul dialetto veneto parlato in un lembo d'Istria posta a cavallo fra Italia, Slovenia e Croazia, dopo le indagini già svolte nella restante parte della regione dai linguisti Goran Filipi e Barbara Buršić-Giudici dell'Università di Pola.
Il terzo volume, che suggella l'impresa, contiene quasi 500 carte inerenti diversi campi del lessico (dal vestiario ai cibi ai sentimenti e alle emozioni, dall'olivicoltura fino agli animali), per circa 6.000 espressioni dialettali che l'autrice - docente di Lingua e letteratura italiana all'Università del Litorale - ha raccolto dalla viva voce dei parlanti in una decina di località, da Muggia a Buie. In più, una selezione di prestiti entrati nelle contigue varietà dialettali slovene, tipo 'vištito', 'škaršela', 'flajda', 'kotola', a testimonianza di contatti plurisecolari fra le due comunità linguistiche che convivono sul territorio e di un antico prestigio dell'istroveneto come lingua franca ormai perduto.
Durante la presentazione, a dialogare con la studiosa - nella conversazione condotta da Marianna Jelicich Buić - anche il presidente dell'Unione italiana Maurizio Tremul, che ha ricordato l'impegno della professoressa Todorović a fianco dell'UI nell'iter di riconoscimento dell'istroveneto come bene culturale in Slovenia. Riconoscimento che rappresenta - nelle parole della stessa Todorović - "un risultato eccezionale", e anzi "un passo verso la convivenza e la comprensione reciproca cui si sarebbe dovuti arrivare da tempo". Tremul ha anche voluto sottolineare l'importanza della cura del dialetto, che non va abbandonato perché "è la nostra radice culturale". E sulla compresenza fra lingua e dialetto nel repertorio linguistico è intervenuta la linguista Tjaša Jakop, del Centro di ricerche dell'Accademia slovena delle scienze e delle arti: "i bambini possono crescere perfettamente bene con entrambi".
La serata, presente in sala il console Giovanni Coviello, ha alternato italiano e sloveno (oltre che dialetto), perché, come ha detto ancora Suzana Todorović, il suo proposito è sempre stato quello "di costruire ponti".