È un dato contrastante quello che emerge dalla nuova indagine sull'editoria e la lettura in Italia. Da un lato la buona notizia: la vendita dei libri è in crescita, tanto che nei primi nove mesi dell'anno il fatturato è salito del 29 per cento rispetto al 2020 (anno del lockdown totale) e del 16 per cento rispetto al 2019. La notizia meno positiva è il netto calo degli italiani che leggono in pandemia, scesi in due anni dal 65 al 56 per cento. In altre parole, chi già leggeva lo fa più di prima e acquista di più, invece i lettori deboli sempre meno. Sei libri su dieci sono comprati dai lettori forti.
Non leggere, secondo la ricerca dell'Associazione italiana editori (Aie), è una condizione strettamente legata al livello socio-economico e culturale, e anche all'area geografica: differenze che l'emergenza sanitaria ha acuito. In Italia i lettori con basso titolo di studio oggi sono il 36 per cento, in calo di 14 punti in due anni, mentre i lettori con la laurea sono l'84 per cento, in calo di 7 punti. Al Sud si è passati dal 41 per cento di lettori del 2019 al 35 per cento del 2021, a fronte di una media nazionale, si diceva, del 56 per cento, che sale al 59 per cento al Nord .
Durante la pandemia è inoltre fortemente diminuita la propensione a leggere libri nella fascia dei giovanissimi tra i 15 e i 17 anni di età: verosimilmente i ragazzi alle prese con un'altra forma di lettura, quella dei materiali didattici per la scuola a distanza.