"L’iniziativa delle linee guida aveva lo scopo di illustrare la diversità della cultura europea e di mostrare la natura inclusiva della Commissione, tuttavia, la versione pubblicata delle linee guida non è funzionale a questo scopo".
Con queste parole la commissaria europea alla Parità, Helena Dalli, ha annunciato il ritiro delle linee guida della Commissione europea per una comunicazione inclusiva (Guidelines for Inclusive Communication), testo che aveva provocato polemiche crescenti in Italia e in Europa, per alcune indicazioni nella comunicazione istituzionale, fra le altre cose evitare il riferimento al Natale parlando delle vacanze, non usare negli esempi e nelle storie nomi che si riferiscano alla religione, non presumere che tutti siano cristiani: passaggi che hanno scatenato la reazione dei media cattolici e anche di alcuni leader di centro destra in Italia.
Il caso era stato messo in luce dal quotidiano “il Giornale” che ha sottolineato come Bruxelles stia tentando di vietare di usare i nomi cristiani o la parola “Natale”: in realtà si tratta di un documento ampio, 32 pagine, con cui la Commissione vuole dare indicazioni ai propri funzionari per una comunicazione che non offenda le differenti sensibilità degli abitanti dell’Unione europea ed eviti discriminazioni luoghi comuni. Il testo non tratta solo di religione, ma anche di comunicazione per quanto riguarda il tema LGBTIQ, il genere, la disabilità, l’età, l’identità razziale ed etnica, e anche la cultura, lo stile di vita e la fede.
Si tratta di un documento pensato per un uso interno alla macchina burocratica dell’Unione europea: per quanto riguarda la disabilità ad esempio si raccomanda di evitare di dipingere i disabili come delle vittime, ma anche di non identificare le persone in quanto disabili, concentrandosi sulla loro personalità, perché “la disabilità non definisce una persona”.
Le frasi incriminate riguardano però l’indicazione di non fare riferimenti al Natale parlando delle feste e non dare per scontato che tutti siano cristiani, così come, nel caso di esempi o storie, di non utilizzare nomi che facciano riferimento specifico a una religione, sostituendo “Maria e Giovanni” con “Malika and Julio”, o anche di evitare di chiamare solo i cittadini dell’Unione europea “”europei”, termine che indica anche gli abitanti di altre aree.
Tanto però è bastato per provocare la reazione contro Bruxelles, accusata dalle forze cattoliche e di destra in Italia di voler negare a tutti la possibilità di parlare del Natale e di usare nomi cristiani, una circostanza peraltro smentita dalla stessa Commissione, che ha fatto sapere che nessuno pensa di vietare o scoraggiare l’uso della parola “Natale” e che “celebrare il Natale e usare nomi e simboli cristiani fa parte del ricco patrimonio europeo”.
In ogni caso, viste le crescenti polemiche anche a livello europeo, il testo è stato ritirato considerando "la versione pubblicata delle linee guida non funzionale a allo scopo".
E sul tema è intervenuto anche presidente del Consiglio regionale del Friuli Venezia Giulia, Piero Mauro Zanin: "Il Natale non si tocca, - ha detto - così come Gesù, Giuseppe e Maria. Bene l'immediata marcia indietro e conseguente
ritiro delle nuove linee di comunicazione Ue che, di fatto,- ha aggiunto - cancellavano ogni riferimento al Natale, ma serve mantenere molto alta la guardia affinché il successo di oggi non si trasformi nella sconfitta di domani". Ci troviamo in ogni caso costretti a fronteggiare - ha concluso Zanin - quello che si commisura come un vero e proprio attacco a identità, culture e tradizioni di un'Europa storicamente giudiaico-cristiana, costruita su valori che dovrebbero essere considerati universali e che, al contrario, qualcuno ora vorrebbe nascondere o sostituire con assurde generalizzazioni prive di quelle simbologie che, invece, rappresentano il patrimonio fondante delle nostre comunità. Non è questo il modo di costruire l'Europa dei popoli e dei territori".
Che la comunicazione e in generale l’atteggiamento verso temi religiosi e sociali sia ancora un tema controverso lo dimostrano anche i due casi recentemente vissuti in Friuli Venezia Giulia.
Da una parte proprio ieri sera il consiglio comunale di Udine ha risolto una questione che aveva lacerato l’assemblea e provocato anche una manifestazione in città, approvando quasi all’unanimità una modifica allo statuto secondo cui “il Comune riconosce i diritti della famiglia come società naturale comunque costituita” al posto di “società naturale fondata sul matrimonio”: una soluzione appoggiata anche dal sindaco Pietro Fontanini, che però aveva anche ribadito che “naturale” è la famiglia formata “da due esseri umani capaci di generare figli”.
Dall’altra parte la dirigente scolastica regionale, Daniela Beltrame, ha diffuso una circolare con cui si ribadisce la liceità delle manifestazioni religiose a scuola, come l’esposizione del crocifisso in classe, la preparazione del presepe, o la celebrazione della messa. La circolare, inviata a tutti i dirigenti scolastici degli istituti comprensivi della regione, fa riferimento a “inappropriati e infondati atteggiamenti di rifiuto nei confronti della celebrazione della Santa Messa o dell’allestimento dei simboli della tradizione cristiana all’interno delle scuole” e ribadisce come le celebrazioni natalizie siano “pienamente legittime e non affatto lesive del principio di non discriminazione”.
Una nota che è asta naturalmente sottolineata con soddisfazione dalle forze politiche cattoliche, ma non dalle organizzazioni che puntano alla laicizzazione della scuola.
Alessandro Martegani