Continuare a rialzare i tassi, per dare una spallata finale all’inflazione ma rischiando la recessione, o ascoltare i governi europei e prendere una pausa lasciando i tassi invariati? È il dilemma che dovranno affrontare Christine Lagarde, presidente Bce, e tutto il board della Banca Centrale Europea nelle prossime tre settimane.
Gli ultimi dati sull’economia europea, in particolare quelli sulle piccole e medie imprese, sono stati inferiori al previsto, e quella che normalmente sarebbe una cattiva notizia, l’economia che rallenta e rischia la recessione, è stata accolta quasi con una speranza da investitori e mercati, che auspicano che gli ultimi dati possano far decidere alla BCE una pausa nella marcia al rialzo dei tassi.
Sul tema Christine Lagarde, come al solito del resto, non ha fornito indicazioni o certezze, rimandando tutto alla prossima riunione del board della Banca di Francoforte dedicata alla politica monetaria, in programma il 13 e 14 settembre.
L’ultima riunione di politica monetaria ha aumentato i tassi di interesse nell’eurozona di 25 punti percentuali, portando al 4,25 per cento il tasso sulle principali operazioni di rifinanziamento, il livello più alto dall’ottobre 2008, mentre i tassi sui depositi presso la BCE sono saliti al 3,75, al massimo da 22 anni. In tutto la BCE ha realizzato nove rialzi consecutivi in 12 mesi, e sul tema i governi europei cominciano a dare segni di malumore, chiedendo un rallentamento alla dirigenza della Banca Centrale Europea, temendo effetti negativi, e a lungo termine, sulla crescita, dalla quale dipendono anche le entrate fiscali, necessarie per tenere sotto controllo l’enorme debito alimentato anche nel periodo della pandemia.
In effetti i prezzi avrebbero iniziato a calare: il tasso d’inflazione nella zona euro è sceso al 5,3 per cento a luglio, dal 5,5 di giugno, un valore lontano dall’obiettivo del 2 per centro, ma che, accanto ai dati sulla crescita, indicherebbe che l’economia rallentando, e che bisogna iniziare a rilasciare il freno prima che la macchina economica europea si fermi del tutto. Jp Morgan, ad esempio, scommette su una pausa da parte della BCE a metà settembre, in attesa di valutare come si evolvono i dati sull’economia.
A criticare apertamente l’ipotesi di un nuovo rialzo, ad esempio, è il ministro degli Esteri italiano, Antonio Tajani, convinto che le misure messe in atto da Francoforte danneggino la crescita del paese. Tajani ha citato l’esempio della Cina, dove il tasso di interesse è stato ridotto per contrastare la crisi immobiliare: un esempio che dire la verità non è calzante perché la situazione, le conduzioni di base e perfino l’economia sono completamente differenti.
Più sensato sarebbe invece un parallelo con l’economia americana. Proprio oggi la Federal Reserve apre il tradizionale meeting di Jackson Hole, e si attendono indicazioni sul futuro da parte del governatore Jerome Powell, che ha avviato una politica monetaria restrittiva ben prima della BCE: il tassi dei mutui americani hanno raggiunto i livelli massimi dal 2000, con tassi fissi a 30 anni al 7,31 per cento.
Alessandro Martegani