I consiglieri regionali del Friuli Venezia Giulia, Claudio Giacomelli ed Alessandro Basso, di Fratelli d'Italia, hanno presentato una proposta di legge nazionale che intende intervenire sull'articolo 604-bis del codice penale, come si può leggere sul testo della mozione "per rafforzare gli strumenti disponibili di contrasto del crescente e preoccupante fenomeno del negazionismo del massacro delle Foibe, che continua reiteratamente a manifestarsi in occasione di pubbliche celebrazioni e commemorazioni storiche, pure durante il Giorno del Ricordo, solennità civile nazionale, offendendo la coscienza collettiva e la memoria storica della nostra Patria e dei popoli istriano, giuliano e dalmata, cittadini italiani, che proprio nei territori della Regione Friuli-Venezia Giulia hanno trovato rifugio ed accoglienza dopo tanto dolore".
Una proposta che immancabilmente farà discutere, se non altro per i possibili "fraintendimenti strumentalizzati" tra il negazionismo e la minimizzazione della tragedia delle Foibe e per la pena proposta (tra i due ed i sei anni di reclusione) per chi diffonde propaganda negazionista.
Dopo le polemiche divisive nate a Trieste negli scorsi mesi, che hanno visto proteste di vario genere per le proiezioni del film “Red Land- Rosso Istria”, incentrato sulla figura di Norma Cossetto, vittima delle Foibe, le parole di Tajani a Basovizza, gli scontri, fortunatamente solo verbali ed a colpi di social sulle Stelle Rosse al corteo del Primo Maggio e le mozioni comunali per porre fine all'esposizione delle Bandiere Rosse in Carso, questa proposta di legge vuole, di fatto, inserire all'interno dell'articolo 604-bis del Codice Penale un esplicito riferimento anche ai massacri delle Foibe.
Raggiunto telefonicamente, il Consigliere Claudio Giacomelli ci ha spiegato più dettagliatamente questa Proposta di Legge.
Claudio Giacomelli, come nasce l'idea di questa proposta di legge?
“Questa proposta di legge nasce dopo anni in cui abbiamo assistito ad alcune iniziative che ci sono state in Italia, non solo negazioniste ma a volte veramente offensive nei confronti della storia delle terre della Venezia Giulia, dell'esodo, delle Foibe e di Norma Cossetto. Oggi siamo in un paese in cui è permesso poter dire “Norma Cossetto è morta perché era fascista, va bene così”, inneggiare alle Foibe anche su Facebook… Addirittura al Senato alcuni negazionisti vengono ospitati, spiegando che tutto sommato c'è propaganda sul tema e che non sono andate così le cose, che non ci sono stati i massacri. Quindi di fronte a questo, di fronte ai parenti delle vittime, ma in generale agli italiani tutti, che si domandano come questo sia legale, abbiamo deciso di intervenire”.
Negli ultimi tempi in Italia ed in particolare a Trieste, mi verrebbe da dire, si sta assistendo ad una netta contrapposizione tra destra e sinistra. Tra le cause di questa contrapposizione, appunto, secondo lei ci sono anche i social che, praticamente, danno parola a tutti?
“In parte. Soltanto in parte. Purtroppo, l'Italia è quel paese in cui la Seconda Guerra Mondiale è ancora di attualità politica, forse l'unico paese al mondo in cui accade questo. I social aggravano la posizione, soprattutto quando ci sono gruppi anonimi o utenti anonimi. Però la verità, ed è una cosa particolarissima, è che dalla fine degli anni Sessanta in poi, tra chi la Seconda Guerra Mondiale l'ha combattuta veramente, tutto sommato era rimasto del rispetto ed ha lavorato per ricostruire il Paese. Dagli anni Sessanta in poi, improvvisamente, le cose invece di passare alla storia si sono spostate sempre di più verso la politica".
Lei cosa risponde a chi sostiene che si stanno mettendo sullo stesso piano due tragedie in sostanze diverse, come quella della Shoah e quella delle Foibe?
“Assolutamente sono tragedie molto diverse, come lo sono tutte le tragedie che hanno colpito gli esseri umani nel corso del Novecento. Lo ribadisco: assolutamente sono tragedie diverse, confermo, ancora una volta, che sono tragedie diverse. Questo però non significa che bisogna avere rispetto dell'una e disprezzo dell'altra”.
Tra coloro che criticano questa sua iniziativa ci sono persone che ritengono che la legge proposta va a colpire non chi nega la tragedia delle Foibe ma chi la minimizza. Inoltre, la proposta di 6 anni di carcere per chi verrebbe accusato di negazionismo sembra, secondo alcuni critici, eccessiva. A queste persone lei cosa si sente di rispondere?
“In realtà la proposta di legge è fatta da quattro parole. Quattro parole che dicono <dei massacri delle Foibe>. L'enunciato va ad inserirsi cioè nella legge esistente, in particolare l'articolo 604 bis del Codice Penale, che parla della propaganda e dell’istigazione a delinquere per motivi di discriminazione razziale, etnica e religiosa. È vero che all'interno prevede la condanna per i crimini della Shoah, di chi esalta i crimini della shoah, di chi minimizza i crimini della shoah. Ma ci sono anche delle clausole molto generali, in cui si parla di genocidio, di crimini contro l'umanità, di crimini di guerra; ecco, noi facciamo un riferimento specifico, che riguarda anche i massacri delle Foibe. Quindi la disciplina in sé è esattamente la disciplina che si applica non solo per la shoah ma per tutte le tragedie del Novecento. Specifichiamo che riguarda anche la questione dei massacri delle Foibe. Per ciò che riguarda la minimizzazione, voglio ricordare che il codice penale parla di negazione, minimizzazione in modo grave o apologia. Chi decide che cos'è “minimizzazione in modo grave”? Esattamente la stessa persona che decide cosa è “minimizzazione in modo grave” di qualsiasi altro elemento, non solo della shoah; di qualsiasi altro genocidio o crimine contro l'umanità del '900. Questa figura è un giudice. Ed è esattamente il giudice che dice quando finisce la libertà di espressione ed inizia l'ingiuria, quando finisce la libertà di espressione ed inizia la diffamazione. Questo è il mondo delle leggi italiane; quando c'è un reato come la diffamazione, che mi dice che io non posso andare adesso in giro a parlare dicendo di lei “quel conduttore di Radio Capodistria è una persona terribile” e ricoprendola di insulti… È libertà di espressione oppure no? Ho leso la sua dignità oppure no? Ho leso al suo ruolo oppure no? Lo decide il giudice!”.
Secondo lei, Trieste sarà mai pronta a lasciarsi alle spalle questo difficile passato, riuscirà mai, come dire, a trovare la quadra tra la popolazione ed andare finalmente oltre a queste terribili tragedie che l'hanno segnata?
“Quando ero giovane le avrei detto che assolutamente la cosa sarà superata. Oggi comincio a diventare un po' più pessimista. Diciamo che ci vorrà un'altra generazione. Il grosso problema è che le generazioni attuali stanno facendo un caos politico molto più forte di quello che hanno fatto i loro nonni e i loro padri. Quello che sentiamo sul negazionismo o riduzionismo di Foibe, esodo, Norma Cossetto, devo dire che le persone degli anni 50, i triestini degli anni '50, '55, '60 non si sarebbero mai sognati di dirlo. Però, devo dire, che questa iniziativa che abbiamo fatto noi non è un'iniziativa per mettere altra benzina sul fuoco è bensì un'iniziativa per chiudere. Perché i vari massacri e le varie tragedie del '900, sono tutte riconosciute unanimemente, nessuno si discosta tranne i pazzi. Tranne che per una di queste tragedie appunto (quella delle foibe). Quindi più che chiudere le vicende del '900 è questa vicenda che va riconosciuta una volta per tutte e consegnata alla storia, perché è l'unica per cui ciò non è stato ancora fatto. Non ci sono degli opposti estremismi in cui uno riconosce una tragedia, uno riconosce un'altra. No. C'è un unico problema, che è questo. A Trieste vedo sfilare persone con la bandiera della Repubblica socialista slovena con la Stella Rossa, la bandiera dei partigiani titini e poi magari apro il giornale e scopro che la Corte Costituzionale slovena o la Slovenia per prima hanno detto “no, no, guardate che quella bandiera non la vogliamo vedere nemmeno in fotografia quando celebriamo la Repubblica di Slovenia”. Ed invece in Italia gira. Allora, ecco, non c'è un reciproco estremismo, non c'è una reciproca negazione, ce n'è soltanto una!”.
Davide Fifaco