Foto: Comune di Trieste
Foto: Comune di Trieste

L’eco delle scritte trovate venerdì all’ingresso della Foiba di Basovizza, e le reazioni sdegnate del mondo politico erano ancora presenti al monumanto nazionale, teatro della manifestazione principale del Giorno del Ricordo, ricorrenza istituita il 10 febbraio, quando nel 1947, venne firmato il trattato di Parigi che sanciva il passaggio dell'Istria alla Jugoslavia.

Foto: Martegani
Foto: Martegani

La giornata ricorda le vittime delle foibe, l'esodo e le vicende del confine orientale: quest’anno a Basovizza la cerimonia è stata molto partecipata, forse la più partecipata dall'istituzione della ricorrenza. Molte centinaia di persone, anche grazie al tempo clemente, ma soprattutto per la risonanza avuta dalla giornata negli ultimi anni e per l’eco delle scritte apparse venerdì mattina all'ingresso della Foiba, hanno raggiunto il monumento nazionale .
Al posto delle scritte, ora c’è un rettangolo bianco, dove si è fermata anche l'auto che ha portato alla Foiba il ministro della giustizia, Carlo Nordio, che, accanto alle autorità locali, dopo l'avvio della cerimonia, ha deposto una corona alla base del monumento, accompagnato dalle note del silenzio.

Abbiamo il dovere di prenderci cura del nostro cuore perché da esso sgorghino scelte di vita, per noi, per il nostro Paese e anche per altri Paesi e popoli".

Enrico Trevisi

Poi è stata la volta della messa officiata dal vescovo di Trieste, Enrico Trevisi, che nel suo intervento ha nuovamente condannato l'atto di vandalismo di tre giorni fa e sottolineato come il rischio di cedere al male sia sempre presente. “Basta qualche testa balorda e nostalgica, come chi ha insozzato questo luogo, - ha detto il presule - a riacutizzare il dolore che pure mai può essere abbattuto, ma solo un poco controllato. Talvolta può essere più semplice mettersi a curare i corpi piuttosto che i cuori (cioè la memoria, la coscienza) ma è dai cuori che provengono le scelte, di bene e di male, di odio e di speranza. Abbiamo il dovere di prenderci cura del nostro cuore perché da esso sgorghino scelte di vita, per noi, per il nostro Paese e anche per altri Paesi e popoli”.

Foto: Martegani
Foto: Martegani

Dopo la funzione religiosa è stata la volta degli interventi, a partire da quello del presidente della Lega Nazionale Paolo Sardos Albertini, che ha ricordato gli eccidi del 1945 a opera delle truppe di Tito, quando "migliaia di italiani, decine di migliaia di sloveni e centinaia di migliaia di croati, finirono trucidati”. La verità ora in Italia è emersa e accettata - ha detto - mentre, nonostante la visita del presidente Pahor alla foiba, in Slovenia “ci sono ancora resistenze”, così come in Croazia.
Il sindaco di Trieste Roberto Dipiazza, ha invece ricordato la necessità di riflettere sui fatti che seguirono la fine della seconda guerra mondiale, finalmente riconosciuti. Dipiazza ha citato la strage di Vergarolla, storie come quella di Norma Cossetto, i 40 giorni di occupazione jugoslava di Trieste e il dramma dell'esodo, fino al trattato di Osimo, ma anche atti di riconciliazione come la stretta di mano fra i due presidenti Pahor e Mattarella. Dipiazza ha anche condannato il sostegno a Tito da parte del PCI in Italia.

Coloro che continuano a negare questi fatti, continuano a commettere gli stessi crimini ed a sporcarsi le mani del sangue di innocenti".

Roberto Dipiazza

Non è mancato un passaggio sulle scritte: “La scorsa notte dei vili nostalgici ideologici figli della migliore feccia titina, hanno violentato questo Monumento Nazionale e ciò che rappresenta. Un gesto che gli si è ritorto contro da parte della pubblica opinione. Un atto criminale che, come ha sottolineato la Presidente Giorgia Meloni, è un oltraggio alla Nazione che non può restare impunito”.

Foto: Comune di Trieste
Foto: Comune di Trieste

“Ricordare le foibe e l’esodo – ha aggiunto Dipiazza - non significa riaprire vecchie ferite o alimentare sentimenti di odio, ma piuttosto coltivare una memoria storica riconosciuta e consapevole. Solo attraverso la conoscenza e il riconoscimento di tutte le sofferenze vissute possiamo costruire una società più giusta e rispettosa delle diverse identità. Il Giorno del Ricordo, dunque, non è solo un momento di commemorazione, ma anche un'opportunità per riflettere sul valore della convivenza pacifica e sul rispetto reciproco tra i popoli”. “Coloro che continuano a negare questi fatti, continuano a commettere gli stessi crimini ed a sporcarsi le mani del sangue di innocenti. Come ho già più volte detto – ha concluso - Il negazionismo è lo stadio supremo del genocidio”.
Il presidente della regione, Massimiliano Fedriga, ha invece sottolineato come non esista pacificazione senza verità, non si possono nascondere gli orrori commessi dai comunisti Titini: “Chi nasconde la verità - ha detto - alimenta l'odio”. Riguardo le scritte ha invitato a rispondere all' odio con la verità e l'orgoglio.

La svastica e la falce martello, i lager e i gulag, il braccio teso e il pugno chiuso ci rammentano che gli opposti estremismi costituiscono il medesimo volto della stupidita e della brutalità".

Carlo Nordio

La cerimomnia si è chiusa con l’intervento di Carlo Nordio, che ha ricordato come gli infoibati siano stati “vittime di un'ideologia infame e crudele che la storia ha condannato a perenne vergogna, al pari delle altre dittature che hanno scatenato la Seconda guerra mondiale”. “La svastica e la falce martello, i lager e i gulag, il braccio teso e il pugno chiuso ci rammentano che gli opposti estremismi costituiscono il medesimo volto della stupidita e della brutalità. Dopo tanti anni noi possiamo tendere al perdono ma non all'oblio.” “Oggi – ha concluso - viviamo in pace e in amicizia con i popoli che un tempo furono nostri nemici. I nostri vicini sloveni sono oggi uniti a noi nella pace e nella libertà di un'Europa affrancata dalle rivalità secolari. Per questo la cerimonia di oggi è anche un contributo al consolidamento di un amicizia che anche nel ricordo di un passato doloroso ci vincola nell'indirizzo della buona volontà e della sacralità della preghiera”.

Alessandro Martegani

Foto: Martegani
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