
Un atto simbolico avvenuto quasi 5 anni fa, ma che è sempre pià attuale. I riferimenti alla situazione geopolitica internazionale e alla necessità di ritrovare la capacità di dialogo e il rispetto delle regole e dei valori, sono stati intensi e ripetuti negli interventi della cerimonia che ha conferito il premio Ss. Ilario e Taziano – Città di Gorizia a Sergio Mattarella e Borut Pahor.
È lo stesso ex presidente della Slovenia, a margine della cerimonia, a ricordare come l’evento non potesse cadere in un memento più opportuno: “Gli organizzatori hanno deciso di assegnare questo premio prima che la situazione cambiasse così radicalmente nell’ultimo mese – spiega - tuttavia, non avrebbe potuto essere conferito in un momento più giusto. Forse c’è ancora spazio e tempo perché le persone sagge, ponderate e moderate in tutto il mondo, trovino la forza per evitare che un potere politico brutale e una vecchia politica di divisione del mondo in sfere di influenza, mettano a rischio ciò che le generazioni, dopo la Seconda Guerra Mondiale, hanno costruito. Vediamo che oggi le istituzioni del diritto e dell’ordine politico internazionale non hanno più la stessa capacità di garantire la pace e la sicurezza: per questo sarà ancora più importante che i nostri leader, ovunque nel mondo, comprendano il pericolo di ogni dichiarazione e di ogni azione che non sia ben ponderata e contestualizzata nel quadro di un obiettivo essenziale: la preservazione della pace e della sicurezza”.
Attraverseremo tempi difficili, ma non dobbiamo avere paura. La paura paralizza. Possiamo provare preoccupazioni, e sono legittime, ma dobbiamo anche trovare il coraggio di lottare per quei valori in cui abbiamo sempre creduto, anche in un contesto nuovo".
“Credo – ha aggiunto - che attraverseremo tempi difficili, ma non dobbiamo avere paura. La paura paralizza. Possiamo provare preoccupazioni, e sono legittime, ma dobbiamo anche trovare il coraggio di lottare per quei valori in cui abbiamo sempre creduto, anche in un contesto nuovo. Dobbiamo coinvolgere le persone affinché difendano questi valori. Penso che non siamo lontani —spero di non sbagliarmi— dal momento in cui l'opinione pubblica più ampia, ovunque nel mondo, si mobiliterà per far sì che questa rapida evoluzione degli eventi, il cui esito non è chiaro e che potrebbe degenerare in incidenti e problemi, si calmi, e che ogni decisione venga presa con maggiore riflessione”.
“Attualmente, nel mondo ci sono più di 50 guerre. E ne abbiamo una, grande, anche in Europa. All’orizzonte c’è un'iniziativa che potrebbe portare non solo a un cessate il fuoco e a un periodo di pace, ma forse anche alla divisione delle sfere di influenza in Europa: per questo ritengo che l’Unione Europea, la nostra casa comune, debba essere ora sufficientemente forte, saggia e coraggiosa, e debba agire con unità per proteggere i valori su cui è stata fondata. Non sarà facile, non sarà semplice, ma penso che abbiamo abbastanza memoria storica per riuscirci. In questo senso, io sono un grande ottimista”.
Ricevere una standing ovation perché mi batto per l’amicizia e il buon vicinato, dimostra che i tempi stanno cambiando. Speriamo che le nuove generazioni, vedendo entrambe le realtà, quella che guarda al passato e quella che guarda al futuro, scelgano la seconda".
Pahor non ha nascosto la soddisfazione per il miglioramento dei rapporti fra Italia e Slovenia, un processo di cui GO!2025 e anche la stessa cerimonia al Teatro Verdi, sono un risultato tangibile. “Io vengo da questa regione: mentre attraversavamo Nova Gorica per arrivare qui a Gorizia, ho ripensato alla mia infanzia e giovinezza trascorse in questi luoghi. Ho sempre considerato un privilegio, rispetto alla maggior parte degli altri jugoslavi, il fatto di poter attraversare il confine in qualsiasi momento. L'ho sempre visto come un privilegio. Eppure, non avrei mai pensato che un giorno sarei entrato nel Teatro Verdi, con la sala gremita, e che, come ex leader politico sloveno, avrebbero suonato l’inno sloveno in mio onore, anche se, secondo il protocollo, non sarebbe previsto in presenza del Presidente italiano. Ricevere una standing ovation perché mi batto per l’amicizia e il buon vicinato, dimostra che i tempi stanno cambiando. Speriamo che le nuove generazioni, vedendo entrambe le realtà, quella che guarda al passato e quella che guarda al futuro, scelgano la seconda”.
Ho detto “Presidente, caro Sergio, oggi faremo qualcosa d’importante, ma non sarà facile, sarà difficile”. Lui ha risposto con parole meravigliose: “Sarà più facile se ci daremo la mano”.
L’ex Presidente ha anche ricordato il luglio del 2020, quando con Mattarella scrisse la storia. “Quando sono arrivato a Basovizza, il 13 luglio 2020, mi aspettava il Presidente Mattarella. Era partito da Roma nonostante alcune proteste, perché aveva deciso di rendere omaggio al monumento ai Quattro Martiri. Quando io sono partito da Lubiana, c’erano proteste anche al confine, perché avrei reso omaggio alla Foiba di Basovizza insieme a lui. Dopo aver passato in rassegna il picchetto d’onore, abbiamo parlato da soli per qualche minuto, e gli ho detto: “Presidente, caro Sergio, oggi faremo qualcosa d’importante, ma non sarà facile, sarà difficile”. Lui ha risposto con parole meravigliose: “Sarà più facile se ci daremo la mano.”
“Ho trovato questa frase molto significativa. Ci siamo dati la mano, e così è stato. Guardiamo avanti”.
Alessandro Martegani